La critica di Caparezza al rap di oggi: “il vuoto di una hit continua”

Oggi è uscito Exuvia, il nuovo disco di Caparezza. Per molti considerato un mito, un maestro, per altri, forse per i più giovani, chissenefrega di Caparezza.
Eppure Caparezza è un maestro, uno di quelli che può anche non fare le hit per Spotify, o quei brani acchiappa hype, che possano piacere al pubblico più giovane, ma è uno di quelli che, quando aprono bocca, le sue parole vengono prese in considerazione, vengono ascoltate, perché lui sa cosa sia il rap. E perché lui è uno di quelli che se ne è sempre fregato, ma per davvero, non per attitudine e lo fa ancora oggi.
Nel 2003 ha pubblicato Fuori dal Tunnel, una hit pazzesca, che in discoteca abbiamo ballato tutti, ma lui non voleva questo. Ha sempre protestato contro l’utilizzo in discoteche e programmi televisivi, come Amici di Maria De Filippi del brano come pezzo per ballare allegramente, perché il testo è in realtà un atto d’accusa contro il “divertimentificio” notturno che impone a tutti di svagarsi allo stesso modo. Caparezza ha voluto  dimostrare come nella società della comunicazione per eccellenza si possa ancora distorcere il senso di un testo in modo così grossolano. L’unico programma che ha ricevuto da Caparezza il permesso per poter utilizzare Fuori dal tunnel fu Zelig Circus, nella cui sigla appare lo stesso rapper.


Caparezza è anche quello che ancora oggi si prende per il culo da solo per Mikimix e in Campione dei Novanta diceascolta roba new, è una robina / Il vuoto di una hit continua / Al confronto Mikimix sembra Bob Dylan“.
La critica al nuovo rap è palese, ma Caparezza ribadisce come Mikimix per lui avesse rappresentato una vergogna, salvo poi vedere come alla fine oggi ci sia di peggio.
Il problema per Caparezza non è l’assenza di contenuto, ma la mancanza di voglia di rischiare. A tal proposito, in un’intervista rilasciata a Rolling Stone Italia dice: “il rap è prima di tutto essere reali, autentici, credibili. Prendi Speranza: quello che dice e racconta è spesso agli antipodi rispetto al mio mondo. Ma è credibile, dannatamente credibile. Sarà la voce, sarà la tecnica che ha, sarà il flow: è credibile. E questo conta. E poi conta avere una poetica, anche: penso ad esempio a Leon Faun, che è bravissimo, gli ho fatto proprio i complimenti personalmente, si è creato davvero un mondo a parte che se avessi avuto vent’anni quando l’ho sentito, beh, sarei andato ancora di più via di testa. Quando però abbiamo iniziato ad avvicinarci al rap, io ma penso un po’ a tutti quanti, perché lo si faceva? Per soldi? No, zero! Anzi, se provavi a dirlo eri uno sfigato, eri uno commerciale, marchio di infamia! Mentre ora…
Ora vuoi fare i soldi dicendo al microfono che vuoi fare i soldi, poi magari funziona, eh, bravo tu che lo fai funzionare, ma non fa per me. Io sono orgoglioso di tutti i soldi che ho rifiutato, e soprattutto di quelli che ho rifiutato quando ero povero.

Non ho sponsorizzazioni di alcun tipo. Non faccio da testimonial a comando su Instagram, o altrove, mi rifiuto, ma mi rifiuto non perché voglia essere Don Chisciotte, attenzione, ma semplicemente perché io sono così. La mia libertà è più nelle cose che non faccio che in quelle che faccio“.

Caparezza è libero. Lo è sempre stato. Ha fatto la sua prima storia su Instagram il 31 marzo di quest’anno. Ha pubblicato un disco dal concept complesso in un periodo storico in cui il rap è tutto tranne che complesso. Un disco cupo se vogliamo, dove troviamo il passato con cui fare i conti, il rapporto con la natura, il potere di indossare una maschera per affrontare la vita e il rapporto con la morte. Tutto costruito con una miriade di riferimenti colti che vanno da Federico Fellini a Beethoven passando per Stanley Kubrick, Giacomo Leopardi, Lewis Carroll, Franz Kafka e Mark Hollis, ma in modo assolutamente non pesante. Non è non vuole essere il rapper colto che mostra la sua cultura. Caparezza è sempre in continua evoluzione, da sempre e la sua exuvia, che praticamente è ciò che resta dell’esoscheletro dopo la muta di un insetto, e che per lui si chiama Mikimix, la sua prima incarnazione artistica, risalente agli anni 90, che lui ha a lungo ripudiato e con cui oggi fa pace.
Exuvia parte esattamente da dove Caparezza ci aveva lasciati 3 anni fa, da Prisoner 709 con Canthology, uno straordinario esercizio di stile. Nel disco c’è molto spazio per la musica elettronica, ma anche per il rap e per il rock, mentre il pop viene praticamente accantonato. Si parla di musica, di cambiamenti, meno di politica, anche se per Caparezza la politica è ormai solo su Twitter, si parla per la prima volta di morte vista però con connotazioni positive nel brano La Certa, che forse è il punto più alto di tutto il disco. Non ci sono hit in Exuvia, non c’è nessuna canzone fatta per passare in radio, eppure Exuvia, nonostante sia un disco complesso e il meno d’impatto della sua carriera, è destinato a lasciare il segno. Non per i numeri, non per vendite stratosferiche che non farà e Caparezza ne è perfettamente consapevole, ma per la qualità.

Un disco che merita assolutamente di essere ascoltato, se non vuoi ascoltarlo tutto, ti consiglio queste tre tracce: Canthology, Campione dei Novanta e La certa.

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