A 5 anni dalla sua morte cosa ci resta di Prince?

Era il 21 aprile 2016, quando all’età di 57 anni, il corpo di Prince viene ritrovato senza vita all’interno di un ascensore. La causa della morte è stata un’overdose di antidolorifico, che il cantante prendeva per alleviare i dolori dell’AIDS che aveva scoperto di avere da appena sei mesi.
Prince muore mentre i fan in tutto il mondo erano in attesa del suo nuovo tour e della sua autobiografia.

Non è facile parlare di Prince, o provare a raccontarlo, perché siamo davanti a uno di quegli artisti, ARTISTI, che emanavano davvero arte solo a guardarli. Prince era un compositore, cantante, produttore discografico, coreografo, attore, regista e sceneggiatore, suonava una ventina di strumenti e si era imposto di scrivere una canzone al giorno.

Era estremamente preparato, quasi maniacale nella cura di ogni dettaglio, un’anima inquieta, come quasi tutti i grandi artisti, sempre alla spasmodica ricerca di un marchio e di una perfezione artistica che non annoiasse mai il pubblico. Prince è stato un genio assoluto della musica del XX secolo, un vero patrimonio dell’umanità. Ha sfruttato appieno quegli anni ’80 in cui osare era la regola. E lui osava, nella musica, nel look, nelle parole, nei concerti che non erano semplici live, ma spettacoli a 360 gradi.

Prince è stato in grado di uscire dagli schemi della canzone pop, giocando e sperimentando con la musica, creando un genere tutto suo, mischiando black music, funky, rock e rap. Aveva una capacità davvero innata di uscire dagli schemi, di inventare e inventarsi, di essere un passo avanti agli altri, ma anche di farne uno indietro, ed era estremamente libero in tutto.
Non a caso è stato uno dei primi cantanti a condividere la sua musica in rete, mettendo a disposizione inediti da scaricare quando la maggior parte delle persone non aveva ancora preso confidenza con il web, ma non amava i telefonini durante i suoi concerti. Nel 2014, infatti, ha citato in giudizio 22 fan che avevano caricato le riprese di un suo live su Facebook e You Tube.

Aveva le palle Prince, sicuramente avrai visto una sua foto con la scritta SLAVE sulla guancia. Nel 1993 si è esibito per la prima volta con quella scritta perché era in conflitto con la Warner, la sua etichetta discografica, che gli sottraeva la proprietà dei masters delle registrazioni. Lui non ci stava, si sentiva uno schiavo dei discografici e lo ha fatto sapere al mondo.
Ha anche cambiato nome in modo provocatorio nei confronti di Warner, passando da Prince a “The artist formerly known as Prince”, siglato TAFKAP.

Prince è la causa scatenante per la quale sui dischi leggiamo la scritta PARENTAL ADVISORY EXPLICIT CONTENT. Quando ha scritto Darling Nikki, che ha un testo particolarmente esplicito, ha creato scalpore, tanto che si è dovuto formare un comitato che controllasse i testi ritenuti espliciti dei cantanti americani. Proprio quel comitato ha creato il logo “Parental Advisory – Explicit Lyrics” che vediamo sulla maggior parte dei dischi.

Prince ha dato, con la sua musica, un contributo enorme, tanto che sono tantissimi i produttori rap che hanno campionato la sua musica e hanno inserito parti di alcune sue canzoni in altre.
Un esempio? Eazy-Duz-It di Eazy-E e Brothers Gonna Work It Out dei Public Enemy, contengono il riff di chitarra di Let’s Go Crazy, la prima traccia dell’iconico album Purple Rain del 1984.

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