La pagella delle uscite settimanali

6 a Benzina di Ensi feat. Emis Killa. Ma solo a me sembra di setir cantare Lazza? Benzina è un singolo carino, ma da due rapper come loro mi aspettavo molto di più. La consapevolezza amara è che Ensi, sia che sia in Warner, sia che sia indipendente, non se lo caga mai nessuno, neanche se facesse un featuring con Travis Scott. Ed è un peccato perché oggettivamente è uno dei migliori mc che abbiamo in Italia, solo che poi prova a uscire dal suo stile per fare altro, come in questo caso, e risulta poco convincente.

5 a Bella di Sercho feat. Gemitaiz. Un brano frivolo con tanti di quei luoghi comuni e frasi già sentite, come parli parli ma che ne sai di me da dire ok, è la solita roba. E infatti lo è. Beat e flow compresi. Compreso Gemitaiz che si fuma una canna con Sercho. Chi l’avrebbe mai detto. Il pezzo comunque è orecchiabile, ma niente di che. Salvo solo ma quale Slim Shady siete big scemi che se lo avesse detto Guè Pequeno sarebbe stato un culto, come Balmain e balminchia.

5 a G di Jamil feat. Skinny. Mamma che noia! A parte il solito argomento, è noiosa sta canzone. Sembra un motivetto da Festival di Sanremo con un testo street. Salvo solo Skinny sta volta, perché Jamil mi ha fatto rimpiangere persino Orietta Berti.

7 a Chiamami per nome di Francesca Michielin e Fedez. Se parliamo della categoria urban, questa canzone, insieme a quella di Willie Peyote sono le migliori del Festival di Sanremo. Fedez e Francesca Michielin sono riusciti a superare gli ingredienti di canzoni come Magnifico dove lui rappa e lei canta, rendendo il loro duetto decisamente più amalmagamato. Non a caso è una delle canzoni più streammate del Festival. Ha quel ritornello che ti entra in testa e indubbiamente gli va riconosciuto il fatto di aver dato risalto ai teatri milanesi nello specifico, ma italiani in generale, scegliendogli come location del videoclip.

8 a Mai dire mai (la locura) di Willie Peyote. Se non vince il Festival mi incazzo. È l’unico brano in gara con un minimo di critica sociale e artistica, con ironia e citazioni. Intanto la locura è una citazione della serie tv Boris. Il brano si apre, infatti, con un famoso frammento della terza stagione in cui Valerio Aprea dice: “Questa è l’Italia del futuro: un paese di musichette mentre fuori c’è la morte”. La canzone parla dell’approccio alla cultura del nostro paese, racconta in modo ironico, come viviamo il sapere dopo un periodo di distanziamenti e chiusure come quello del lockdown. E dentro ci troviamo l’hype, la trap, Spotify, i social e pure Morgan.

6 a Parlami di Fasma. Un brano carino, una sorta di rock ballad con un po’ di rap e chitarre elettriche. Solo che nel suo essere carino, ti prende perché ha quegli alti e bassi tipici un po’ delle canzoni da Festival e quel ritornello che ti entra in testa subito, ma non è niente di così innovativo o inedito.

4 a Torno a te di Random. Se la senti su Spotify è meno peggio che dal vivo, ma è comunque orrenda. Non tanto per il testo, quanto per la voce di Random, che tutto potrebbe fare tranne che il cantante.

7 a Voce di Madame. Voce è una canzone d’amore dal duplice significato: l’amore per l’altra persona e per la musica. Chi ama diventa la voce, l’elemento principale di espressione e, allo stesso tempo, è eterno come il suo legame intenso per le sette note. Una sorta di inno alla voce e all’amore, condito anche con malinconia e nostalgia. Non è la canzone migliore di Madame, ma è una bella canzone che se l’ascolti su Spotify capisci meglio le parole, visto che sul palco dell’Ariston qualcuna se l’è mangiata.

7 a Momento Perfetto di Ghemon. Un brano difficile da collocare e da assimilare, che ti prende poco per volta, ascolto dopo ascolto. Una canzone intima, nella quale Ghemon parla della famosa seconda chance che ognuno di noi dovrebbe darsi. Se al primo ascolto Momento Perfetto era appena sufficiente, più passa il tempo, più mi piace e mi convince.

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