Trap Game di Andrea Bertolucci, a cosa serve un libro sulla trap?


A cosa serve un libro sulla trap? Alla fine si spiega da sé, è musica senza rime, senza contenuto, spesso di plastica, fatta più che altro di immagine, brand, soldi, sostanze, quartieri e slang tutti uguali. Ecco, se sei scettico sulla trap, se pensi le parole che ho appena scritto, hai perfettamente delineato (magari schifandoli pure) sei aspetti fondamentali della trap, che Andrea Bertolucci, nel suo libro Trap Game, analizza e spiega in modo approfondito e scorrevole grazie al supporto di sei esponenti della scena: Lazza, Vegas Jones, Ernia, Maruego, Ketama 126 e Beba.
Perché è facile demonizzare la trap e dire che non c’entra niente con il rap, ma la trap rappresenta perfettamente quella che è THE CULTURE OF NOW, il nostro tempo e noi viviamo oggi, con questa musica, con questa cultura, con questa immagine, con il suo slang, con le sue sostanze e con i suoi esponenti. La trap, esattamente come ogni fenomeno, cultura, genere musicale ha i suoi codici, le sue regole o comandamenti, come li chiama Andrea Bertolucci, che vanno conosciuti, approfonditi, analizzati e spiegati per essere compresi e poi una volta che hai tutte le carte sul tavolo, puoi decidere se apprezzarli o meno, se si stava meglio prima, o se invece ti senti anche tu parte di questa cultura di oggi che stiamo vivendo, perché ogni generazione, così come ogni periodo storico, ha la sua musica e i suoi simboli.

Andrea Bertolucci, autore di Trap Game i sei comandamenti della trap, ci spiega meglio questa cultura.

Perché un libro sulla trap oggi?

Per due motivi, il primo perché c’è ancora troppa ignoranza e incomprensione intorno a questa cultura. In questi ultimi anni, soprattutto dopo i fatti di cronaca che tutti conosciamo, la trap è stata raccontata dai media tradizionali in maniera errata, quindi questo libro è importante per accendere un faro di comprensione su questa cultura e anche perché c’è molto interesse anche dal punto di vista artistico e musicale, quindi il libro diciamo che unisce questi due bisogni.

Pensi che Trap Game sia più utile agli ascoltatori della trap, ai puristi del rap, o a tutte quelle persone che ancora oggi non hanno capito questa musica?

A tutte e tre le categorie perché i primi troveranno sicuramente pane per i loro denti in quanto c’è buona parte della scena italiana all’interno del mio libro ed è anche un oggetto di culto in quanto la copertina è curata da Moab, le prefazioni sono di Emis Killa e TM88, che è una leggenda, lo rendono un must have. I puristi del rap trovano interessante la parte introduttiva e un ponte che viene creato anche nei capitoli tra la vecchia scena e la nuova. E poi ovviamente anche per tutti i “boomer” e i genitori che hanno paura di questa cultura.

Nella scrittura del libro sei affiancato da diversi artisti, Lazza, Emis Killa, Ketama 126, Ernia, Vegas Jones, Beba e Maruego, com’è nata questa scelta? E perché ci sono artisti che prettamente non fanno trap?

Ho scelto i sei artisti per i sei comandamenti della trap (Lazza, Ketama 126, Ernia  Vegas Jones, Maruego e Beba) perché mi sembrano i più rappresentativi e i migliori per parlare di quel singolo comandamento. Invece ho voluto Emis Killa in una delle due prefazioni proprio perché creasse questo ponte tra la vecchia scena e la nuova, mi sembrava una delle figure più adatte.

Tra i sei comandamenti della trap hai messo i soldi, il blocco, lo stile, le sostanze, le donne e la lingua, ma non i social, che ruolo hanno secondo te?

Nella diffusione della trap hanno avuto un’importanza determinante, credo che una cultura come quella trap non si sarebbe potuta diffondere se non in questo periodo storico anche grazie alla diffusione dei social. Forse non è un caso se la diffusione mainstream della trap sia avvenuta adesso e non a inizio degli anni 2000, proprio perché la diffusione social a livello estetico e stilistico è importante. Parlo di social nel capitolo sulle sostanze con Ketama, dicendo che questa attitudine a flexare, al mostrare e all’ostentare sui social, spesso frutto solo dell’apparenza, non solo riguarda i brand, ma anche le sostanze. Questo è uno dei motivi per i quali sostanze come l’eroina, che era iconica per le rockstar, oggi non funziona più, perché non è social, mentre la lean è molto più instagrammabile.

Secondo te perché ancora oggi si fa distinzione tra rap e trap, quasi denigrando la seconda?

Perché manca una consapevolezza culturale, la trap non è ancora stata assunta a livello di cultura, mentre il rap sì. Ci sono molti libri sul rap e sull’hip hop mentre ce ne sono pochissimi sulla trap. Questo libro spero contribuisca a questa apertura e poi è difficile riuscire a storicizzare e a rendere appetibile un fenomeno mentre questo sta avvenendo. Forse tra 15/20 anni ne parleremo in modo diverso.

Si parla sempre del fatto che la cultura hip hop non esista più, ma con Trap Game sembra che tu abbia delineato una cultura trap, era uno dei tuoi obiettivi?

Sì, è esattamente così, io credo che oggi sia più utile raccontare la cultura trap che non la musica trap, che ormai vediamo in classifica e si muove da sé, ma riuscire a creare un racconto, uno story telling identitario culturale di quello che c’è attorno alla trap è importante proprio per aiurare la sua storicizzazione e comprensione.

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