Basquiat era come un rapper che nelle sue opere portava la strada e combatteva contro il razzismo

Hai presente le discipline dell’hip hop? Mica tutto è nato con il rap, prima del rap c’era la breakdance, e prima del rap c’era il writing. Discipline che andavano di fatto di pari passo al mondo del djing e successivamente del rap.
Siamo a Brooklyn dove il 22 dicembre 1960 nasce Jean-Michel Basquiat, uno dei più importanti esponenti del graffitismo americano, che è riuscito a portare, insieme a Keith Haring, questo movimento dalle strade metropolitane alle gallerie d’arte.

Quando si parla di Basquiat si parla di genio e sregolatezza, di genio ribelle, di un ragazzo morto per overdose a soli 27 anni ma che ha vissuto come una rockstar. Tra successo, eccessi, ossessioni, follie, passione per la musica, la scrittura e la lettura, tante luci e tantissime ombre.

Amava la strada, forse perché l’ha vissuta, dal momento che suo padre l’ha cacciato di casa a soli 17 anni, e proprio in strada, a Brooklyn, passava molte ore prendendo ispirazione per i suoi graffiti firmati con lo pseudonimo SAMO.

A soli vent’anni è diventato una delle stelle nascenti più celebri e celebrate nel mondo dell’arte.
Era amico di Andy Warhol e di Keith Haring, con cui ha condiviso molte cose, dalle amicizie ai lavori, alle tante sostanze stupefacenti. Era fidanzato con Madonna, che proprio in quegli anni, siamo nei primi anni ’80, aveva da poco pubblicato il suo singolo di debutto, Everybody, e stava lavorando su Lucky Star, la canzone che poi l’avrebbe lanciata nel panorama musicale americano.



In quel periodo Basquiat era capace di realizzare anche più di un’opera al giorno e di venderla, come minimo, a diecimila dollari. Regalava le sue opere alle sue fidanzate, ma poi se le faceva restituire, perché era ossessionato dal fatto che potessero rivenderle per guadagnarci, nonostante non fosse per niente ossessionato dai soldi. Guadagnava tantissimo, era veramente ricco, ma li teneva sparsi in casa, come fossero solo pezzi di carta, senza dargli alcuna importanza.

Il suo modo di esprimersi con l’arte non era poi così diverso dalla musica rap, era lo stesso filone, lo stesso pensiero, solo espresso con forme d’arte differenti. Con le sue opere criticava le
strutture del potere repressivo e del razzismo, come una vera e propria denuncia sociale che aprirà una strada alle future generazioni di artisti di colore.
Siamo nel periodo in cui c’è stata una sorta di rivalsa per le persone di colore, al cinema spopolava Spike Lee, in televisione i Robinson, nella musica rap i Public Enemy, e nell’arte Basquiat, che di fatto rappresentava la rivalsa di tutti gli afro-americani.

La pittura di Basquiat va di pari passo con la musica rap, e come il rap di quegli anni era denuncia, rabbia, violenza, rivalsa. Non è un caso che le sue muse ispiratrici fossero la musica, sempre presente nei suoi dipinti, tanto che ha prodotto anche un disco rap con Rammellzee e K Robb intitolato Beat Bop (1983) e ha progettato la copertina per il singolo, e l’arte greca, romana e africana. E i suoi temi preferiti erano la strada, la regalità e l’eroismo.
Come ogni star, perché alla fine la vita e la visione del mondo di Basquiat non sono così diverse da quelle delle rockstar, aveva un animo estremamente tormentato e faceva uso di droghe, soprattutto eroina.


Basquiat era come un rapper che nelle sue opere portava la strada e combatteva contro razzismo, politica, oppressione e porta in alto la cultura nera, ma era anche come una rockstar, come Kurt Cobain o come Lil Peep, che viveva un’esistenza estremamente tormentata e offuscata dall’uso di sostanze stupefacenti e tutto questo coinfluiva inevitabilmente nelle sue opere.

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