La pagella delle uscite settimanali

7 a 1920 – Achille Lauro & The Untouchable Band di Achille Lauro.
Party, paillettes, black swing, completi gessati in vero stile anni ’20 e poi ancora Chicago, vecchi Gangster italo-americani: è qiesto il mood del nuovo side project di Achille Lauro. Achille Lauro dimostra di saper sperimentare e indossare giacche di pelle, tacchi glitter e fedora sempre con la stessa credibilità. 
Il progetto trae ispirazione dal desiderio di leggerezza nato durante il Proibizionismo dei primi anni del ‘900 e dalle atmosfere musicali che proprio in quegli anni hanno trovato le loro radici. 

Gli anni ruggenti, li chiamano. I roaring Tweenties sono il decennio che ospita il mio side project  raccontano un’epoca di liberazione, sfogo, reazione, evoluzione. Sono gli anni del primo dopoguerra, della fine dell’influenza spagnola, di una breve e meravigliosa parentesi in cui l’umanità ha trovato sconsolato riparo. Come un sogno, gli anni 20 sarebbero svaniti presto, ma si sarebbero portati dietro il dolceamaro della nostalgia.” 
Il disco è composto da  8 tracce, tra brani inediti e riedizioni in pieno ritmo jazz anni ‘20, un dialogo tra passato e presente, l’improvvisazione più ricercata. Cover, come My Funny Valentine, Tu vuò fa’ l’americano e Jingle Bell Rock; inediti, tra cui Piccola Sophie, Pessima e Chicago; riedizioni, come Cadillac 1920 e Bvlgari Black Swing.
Achille Lauro aggiunge al progetto le collaborazioni con Gigi D’Alessio, Gemitaiz, e Annalisa.
Lauro decide di superare ancora una volta se stesso e in 1920 – Achille Lauro & The Untouchable Band torna in una veste completamente rinnovata, si reinventa dedicandosi anche alle partiture per l’orchestra e per i cori, stupendo ancora una volta con sonorità inedite.
Un’orchestra di ottoni, piano, chitarre e bassi colora il black and white anni ‘20, dipingendo un perfetto quadro di gangster italo-americani, alle prese con cocktail di sonorità spumeggianti e dorate note jazz. Un burrascoso party al Grande Gatsby, tutto dal vivo, che unisce alla tradizione della musica jazz l’esperienza di una band di musicisti dal valore artistico unico e l’estro folle dell’artista più discusso degli ultimi anni, che questa volta adatta a sua immagine una big band, scrive parti e dirige un quartetto di coristi.

7 a Mood di Nayt. Forse Nayt poteva fare di più, ma è stato estremamente coraggioso nel portare un album con un solo featuring concentrando l’attenzione su se stesso e sui suoi racconti. Nel disco, composto da 13 tracce, troviamo due stati d’animo principali che si alternano e si bilanciano. E lo si capisce fin dalle prime due tracce, una più forte e “spocchiosa” e l’altra più intima e introspettiva. In  questo album Nayt si mette a nudo, coniugando il suo lato più impulsivo, che si riflette nella tecnica con cui le barre sono costruite, e quello più introspettivo, che si riflette nella melodia. Il risultato è un connubio tra il percorso privato della vita del rapper e l’affrontare temi legati alla contemporaneità, con l’unico scopo di smuovere le coscienze di chi ascolta.

6 a Obsesionada di Boro Boro feat. Fred De Palma. Boro Boro ci riprova con il reggaeton e per questo suo nuovo singolo chiama Fred De Palma che ha fatto incetta di riconoscimenti con le sue hit estive reggaeton. Il brano è caratterizzato dalla miscela di reggaeton, latin music e hip hop tradizionale, e racconta la parte più leggera e disinteressata di un legame sentimentale. Il sound è costruito sulla base del beat originale di Stivenz Beats. In sostanza il brano non è malaccio, quello che colpisce maggiormente è il ritornello cantato da Fred De Palma che si presterà sicuramente a diversi balletti su Tik Tok, ma sembra un brano fatto tanto per far uscire qualcosa, non ha un’impronta ben definita.

8 a Bir Tawil di Dargen D’amico. L’abum di Dargen prende il nome da un posto affascinate, che nessuna nazione reclama, al confine tra Egitto e Sudan è “la terra di nessuno e che nessuno vuole” e che il rapper paragona ai mesi trascorsi in studio per creare questo album. A proposito dell’abum Bir Tawil Dargen D’Amico dice:
Produrre senza conoscere le leggi del gioco, giocare senza conoscere le regole della musica. Questo processo creativo è stato un tempo fuori dal tempo, uno spazio fuori dallo spazio, surreale, nel senso di parallelo alla realtà“.
Nel disco ritroviamo il Dargen che conosciamo con le sue melodie, la sua disarmante ironia, i suoi racconti a tratti surreali e a tratti fatti con assoluta sincerità e gli attimi di poesia. Il tutto è accompagnato da un mix di sonorità che vanno dall’hip hop classico all’elettronica e che ci portano un disco in vero stile Dargen.

8 a Full Moon Confusion di Jangy Leeon. 15 tracce dalle atmosfere notturne e festose con risvolti mistici e riflessivi. Una sorta di incontro tra rap classico e contemporaneo con tanti ospiti: Shade, Ensi, Jack The Smoker, Vacca, Axos, Warez, L’Elfo, Lanz Khan e Lexotan. E i produttori musicali – appartenenti a old, middle e new school – non sono da meno: Strage, Kanesh, Fritz Da Cat, Big Joe, St Luca Spenish, Garelli, Weirdo, Yazee, 2p, Adma, Mack Beats, Vago XVII e di nuovo Jack The Smoker.
Full Moon Confusion è il frutto di due anni di lavoro in cui il rapper milanese classe 87 dal timbro vocale ruvido ha curato tutto in prima persona e nei minimi dettagli, a partire dal mix e dal master. È un introspettivo ma anche liberatorio.
Musicalmente ci sono varie sfumature: riferimenti al rap west coast più latino, presenza di elementi tipici della trap, influenza di sonorità reggae/roots, omaggi alla musica italiana degli anni 50 (vedi Buscaglione) e ancora brani ispirati ai party hip hop anni ’90. Ogni ospite ha dato il suo contributo e il risultato finale è un disco ricco di stili che dimostra tutta la versatilità di Jangy Leeon.

6 a Stella del Sud di Peppe Soks. È un disco pervaso da una forte anima partenopea, la stessa che caratterizza da sempre la musica di Peppe Soks, che nei suoi testi racconta la strada, la periferia e i luoghi da cui proviene, attingendo al suo passato e abbracciando temi estremamente attuali facendo riferimento a tutto ciò che conosce in modo che i pezzi risultino autentici e sinceri. I testi si muovono tra l’italiano, il francese e il dialetto napoletano. Quella che il rapper narra è una storia di rivalsa e di rivincita, una piccola epopea di un ragazzo come tanti che con determinazione e forza di volontà è riuscito a riscattare sé stesso e la sua gente, partendo dal basso con umiltà ma con la fame necessaria a raggiungere i propri sogni, consapevole che la strada da affrontare è lunga ma che la meta da raggiungere vale qualsiasi sforzo. Il disco non è male, ma la storia più o meno è sempre la stessa già sentita e risentita e le tracce sono più o meno tutte monocordi e monocolore, delle lagne che quando ascolti il disco ti sembra di ascoltare sempre la stessa canzone, salvo qualche picco di rap un pochino più duro.

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