Le luci e le ombre di Maradona

La morte di Diego Armando Maradona ha scosso inevitabilmente il mondo. Calciatori, politici, personaggi dello spettacolo, della musica, gente comune: tutti piangono El Pibe De Oro. In Argentina è lutto nazionale, a Napoli si è fermato tutto. È difficile spiegare cosa sia Maradona per Napoli, una persona di famiglia, un pezzo di cuore, un mito, al pari di San Gennaro. Tutti lo amano, lo venerano, e il suo mito va oltre la fede calcistica.

Perché non era solo il calciatore migliore di tutti i tempi, era il riscatto di un bambino che sta giocando nel fango e quando gli chiedono cosa volesse fare da grande, risponde: giocare un mondiale e vincerlo. Ha rappresentato una via d’uscita che ha permesso a un Paese economicamente distrutto di avere una rivincita contro le guerre imperialiste occidentali, era colui che ha portato il Napoli alla vittoria, il sud che finalmente vince sul nord. Era quel gol di mano, quel pugno al cielo contro la Regina Elisabetta e la Thatcher, quella mano che ha rifiutato di stringere quella del Principe Carlo.

Ma era anche fragilità, sincerità, paure, difficoltà, sbagli, il bene e il male: la vita.
Lui diceva: “non ho mai ho voluto essere un esempio per nessuno. Io credo che l’esempio devono essere il padre e la madre. Io il 30 ottobre faccio 53 anni,però quello che dico sempre è che avrò 85/86 anni per tutto quello che ho vissuto, nel male e nel bene. Sono stato malato della droga tanti anni e ho dentro rammarico di non aver visto crescere i miei due figli”.



A Maradona è stato perdonato tutto, ed è stato amato anche e soprattutto per la sua vita spericolata, che lo rendeva più umano rispetto a quella leggenda che si vedeva in campo. E se ascolti Vita Spericolata di Vasco Rossi, sembra che sia stata scritta proprio per lui.

Diceva “non è facile essere Maradona“. Da una parte era un campione, dall’altra aveva gli eccessi, e dall’altra ancora si sentiva incredibilmente solo. Maradona è anche quello degli abusi di cocaina, delle cattive compagnie, dei gossip, degli scandali. È passata alla storia una foto che lo ritrae in una vasca da bagno a forma di ostrica con i fratelli Giuliano di Forcella, che negli anni ’80 erano i veri padroni della Napoli criminale. Maradona non ha mai negato quella frequentazione. I Giuliano volevano con loro il re di Napoli e per convincerlo avevano donne e cocaina, lui approfittava della loro cocaina e delle donne.

In un’intervista rilasciata a Maurizio Costanzo nel 2017, parlando di quel periodo ha detto: “uscivo di notte e incontravo questa gente, mi fotografavano, io non chiedevo il passaporto per farmi fotografie, non sapevo fossero camorristi. Alla camorra non ho mai chiesto niente, loro mi hanno dato la sicurezza che alle mie due bambine non sarebbe successo niente“. 



Un’altra immagine indelebile risala al 1991: Maradona dalla casa del cognato a Buenos Aires con due poliziotti. Arrestato perché in quella casa c’era della droga. Resterà in carcere circa 48 ore ma a sconvolgere il mondo non è stata tanto la notizia del fermo, ma il fatto che Diego non avesss ancora vinto la sua battaglia contro la cocaina. E sulla droga si è espresso più volte: “io prendevo la droga e mi nascondevo. Io avevo paura per i miei figli. Ho capito per loro che doveva cambiare tutto”. “La droga? Immaginati che giocatore sarei stato senza cocaina“.
L’unico ad averlo aiutato a disintossicarsi è stato Fidel Castro che gli ha fornito le cure di cui aveva bisogno.


Ma gli eccessi di Maradona non riguardavano solo la droga, ha fatto parlare di sé per averci messo 17 anni a riconoscere il figlio Diego Armando Jr, per quel video in cui aggredisce, prendendola a schiaffi, l’ormai ex fidanzata Rocio Oliva, che filma la scena con il cellulare e per le accuse di evasione fiscale.

Oggi stanno facendo discutere le parole di Alessandro Sallusti che definisce Maradona “un imbroglione, drogato, alcolista, sessista violento con le donne, evasore fiscale e pure comunista, cioè il peggio del peggio del peggio. L’unico pregio, non irrilevante è saper giocare a pallone da Dio. Perché tanti giocatori sono stati dei grandi, ma lui era qualche cosa di più. Uno come lui ha vissuto fin troppo per quanto a lungo e intensamente aveva sfidato la morte con i suoi vizi e suoi eccessi, in ogni campo, ma senza quella vita dissennata sempre al massimo non sarebbe diventato ciò che è diventato: il migliore, perché il peggiore“.

Maradona è quello che torna a Napoli dopo 14 anni e viene acclamato come un Dio, che incontra il Papa e trova la sua redenzione.



Maradona è quello che si definisce un ribelle, un genio ribelle, a metà forse tra genio e sregolatezza, un’anima persa, capace sempre, in extremis, di schivare il burrone. Un’anima persa che, con il pallone tra i piedi, ha incantato il mondo e si è fatto amare dal mondo entrando di diritto nel mito.



Anche la musica lo ama. Indimenticabile la canzone dedicatagli da Manu Chau, così come, per noi amanti del rap, il freestyle di Clementino in sua presenza.

Fa pensare come nella sua ultima intervista, alla domanda “che momento vorresti rivivere della tua carriera?” ha risposto “vorrei segnare un altro gol di mano all’Inghilterra, questa volta con la destra.”



Diego Armando Maradona, nonostante i suoi innumerevoli scivoloni e sbagli, è una leggenda, un mito, che va decisamente oltre il calcio. È la prova che il talento e la passione possono salvarti la vita.

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