Il lato oscuro del successo raccontato da Tiziano Ferro nel suo documentario

Mi sono stupita nel vedere Fabri Fibra parlare del documentario su Tiziano Ferro disponibile su Amazon Prime, e spendere ottime parole in merito e mi sono detta ok lo guardo.

Quello che emerge, al di là della sua vita attuale a Los Angeles con il marito, dove Tiziano va tranquillamente a fare la spesa al supermercato e dove si sente al sicuro perché nessuno lo riconosce, è il lato oscuro del successo, quello che nessuno ti racconta e quello che spesso devi fare per arrivare al successo, o semplicemente fare musica.
Tiziano era un ragazzino obeso, omosessuale, bullizzato dai compagni di scuola, che a un certo punto ha scoperto la musica e di essere bravo a cantare. Vive a Latina e su una panchina del parco scrive alcune parole di XDONO, la sua prima canzone di successo. Viene notato da Mara Maionchi e dal marito, ma nessuno, nonostante gli apprezzamenti per la sua musica, vuole dargli un contratto. Il motivo? Il suo peso. Lui decide quindi di smettere di mangiare, dimagrisce e a quel punto, magica, ottiene un contratto ed esce XDONO.



Non vive bene quel periodo, si sentiva ancora obeso, ha disturbi alimentari e beve. Non solo, Tiziano Ferro è gay, ma siccome la sua musica funziona bene e piace alle ragazzine, gli dicono di nascondere la sua omosessualità. Di trovarsi un’amica con cui farsi fotografare e di vestirsi il più etero possibile. Lui non vive bene questo peso, ma a quanto pare è il peso del successo.
La sua musica spopola, in Italia e fuori, ma a quanto pare lui sa che deve uscire allo scoperto e rischiare tutto. Decide di fare coming out, una mossa che avrebbe potuto costargli la carriera, ma che alla fine lo ha ripagato. Si è mostrato per quello che è e il suo pubblico lo ha capito. Da lì ha iniziato un percorso di guarigione, anche dalla sua dipendenza dall’alcol e dai dusturbi alimentari che si porta dietro da sempre.
Dice “dovrebbero spiegarci come si fa questo lavoro, dovrebbe esserci un cantante con più esperienza che ci dice come muoverci e a cosa andiamo incontro, invece questo è un lavoro che non impari mai“.



Di fatto, al di là della lotta al bullismo di cui Tiziano Ferro si fa promotore, nel documentario racconta quello che è il lato oscuro del successo e di come spesso bisogna scendere a compromessi, anche modificando se stessi, e non sempre fama e soldi sono sufficienti.

Alcolista, bulimico, gay, depresso, famoso. Pure questo, famoso, mi sembrava un difetto, forse il peggiore. Non riuscivo a non bere ma ero invidioso di chi vedevo forte del privilegio di essere astemio, che non lo sapeva e manco voleva saperlo cosa fosse l’ubriachezza; ero invidioso di chi, di fronte a un momento di vuoto, lo accetta per quello che è e va incontro a ciò che la giornata non ha da offrire. L’ignoto. Ma gli alcolisti non contemplano l’ignoto“. E a salvarlo c’è sempre stata lei, la musica.



Mi ha fatto impressione vederlo nello stadio di Latina e sentirlo dire “la prima volta che mi sono esibito qui, mi sono detto goditi ogni momento perché potrebbe essere la prima e ultima volta“. Non è frequente che un artista pensi alla fine quando è all’apice, o quando ce la sta facendo, ma è vero che tutto può finire improvvisamente.

Di solito se pensiamo a disturbi come depressione o dipendenza ci viengono in mente star del rock, del punk, o del rap, alla Kurt Cobain o Lil Peep, non a uno come Tiziano Ferro, che sembra il tipico ragazzo della porta accanto. Insomma, lui fa canzoni d’amore, che disturbi potrebbe mai avere uno così? E invece ancora una volta avremmo sbagliato a giudicare, perché il lato oscuro può essere in ognuno di noi, anche nel ragazzo della porta accanto che canta l’amore e fa la colonna sonora di un film di Moscia. Ed è vero che anche il successo è un’arma a doppio taglio.

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