Com’è Bloody Vinyl 3?

La domanda che in molti si sono posti quando Slait, Low Kidd, tha Supreme e Young Miles hanno annunciato la tracklist di Bloody Vinyl 3 è stata: perché c’è Taxi B dopo quello che Salmo ha detto degli FSK?
Non solo, oltre a Taxi B, troviamo Guè Pequeno, lo stesso Guè che in Saluti ha lanciato una bella frecciatina alla Machete crew dicendo “qua la tua gang si prende gli schiaffi come Bud Spencer“, riferito alla traccia Bud Spenser contenuta nel Machete Mixtape 4.

Sembrava infatti che ci fosse una sorta di rivalità tra Thaurus e Machete, così come tra i due album Mattoni e Machete Mixtape 4. Rivalità che Marracash ha definito “Civil War” in Body Parts: “vi ho lasciati soli, guarda che succede, Civil War dei rapper: Thaurus e Machete”.


A quanto pare questa ascia di guerra, o rivalità, è stata momentaneamente messa da parte, ma del resto la coerenza è spesso una virtù rara nel rap game.

Bloody Vinyl 3 mette insieme buona parte della scena, da artisti con sonorità più pop come Coez e Mara Sattei, a veterani del rap come Salmo, Madman, Fabri Fibra, Guè Pequeno, Jake La Furia, Jack The Smoker, Nitro, Lazza e nuove voci come Madame, Taxi B, Massimo Pericolo, Vale Pain.
Il risultato? C’è un po’ di tutto, sia dal punto di vista sonoro, che da quello stilistico, fino ad arrivare ad accoppiate inedite.

Il disco parte alla grande con Machete Satellite, dove troviamo Salmo con Taxi B, un brano che sembra riportarci il Salmo degli esordi, un po’ punk, un po’ hardcore, con le urla di Taxi B che si inseriscono alla grande.
Le tracce poi si susseguono abbracciando ritmi e sonorità decisamente più freschi, che vanno dal trap, al pop, alle influenze latine, alla dance e ritornano al rap classico di Jack The Smoker, Jake La Furia e Fabri Fibra.

Una delle tracce che mi ha colpita maggiormente, per la sua unicità, è Greeve con Madman, che cavalca alla grande un beat a metà tra dance, techno ed elettronica e si distacca completamente dalla sua zona di comfort.

Nel complesso Bloody Vinyl 3 non ha ovviamente niente a che fare con i capitoli precedenti, com’è giusto che sia del resto, ma esattamente il disco giusto al momento giusto. Una sorta di “compilation”, passatemi il termine inesatto e inappropriato, era proprio quello che ci voleva ora. Ci voleva un progetto, curato da quattro ottimi producer, che mettesse insieme buona parte della scena attuale e che lo facesse in un modo inedito.
Il risultato è decisamente buono e in grado di accontentare diverse generazioni di utenti, quello che manca forse è una sorta di continuità tra una traccia e l’altra e indubbiamente ci sono alcune tracce che si skippano volentieri.

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