Com’è la serie della Dark Polo Gang?

Nel 2018 la Dark Polo Gang era all’apice del successo. È stato l’anno in cui ha firmato con Universal, è uscito Sick Side, e successivamente Trap Lovers. Per certi versi, però, è stato anche l’anno del cambiamento e in un certo senso del declino. Nella serie, uscita nel 2018 per e su Tim Vision, e approdata recentemente su Netflix, si delinea perfettamente questo passaggio. Fa un po’ strano pensare come in due anni tutto sia cambiato così radicalmente, come se di quella Dark Polo Gang fosse rimasta solo la fidanzata di Sick Luke.

 

Com’è Dark Polo Gang la serie? Una menata assurda, l’apoteosi del nulla, una sorta di sitcom che però dura troppo. 12 episodi. Puoi fare 12 episodi sulla DPG? 12 episodi li fai, che ne so, su artisti piu corposi come un Fabri Fibra o un Marracash, per esempio. Ma 12 episodi sulla DPG sono davvero troppi. Certo, il fenomeno che hanno scatenato e portato è più che evidente. Sono arrivati in un modo talmente dirompente da distruggere tutti gli schemi che conoscevamo fino a quel momento. Dall’esagerazione nell’abbigliamento, a un nuovo vocabolario, a dire cose a caso su un beat eccellente. Hanno sconvolto, stravolto e diviso. Hanno creato un qualcosa di nuovo, ma che due anni dopo sembra essere già obsoleto, finito.

 

Nella serie viene ripercorso parte del loro percorso, delle loro vite, del loro modo di fare musica e risulta evidente come Tony Effe & co siano fottutamente reali. Sono esattamente gli stessi sui social, nelle canzoni, dal vivo. Dicono cazzate e le mettono in musica, come quel “quanto cazzo sono british bitch“. Solo che oltre a gang, bitch, brillo, ice, wave c’è poco altro. Ecco perché 12 puntate sono decisamente troppe e arrivano, non solo a stancare, ma anche delineare una sorta di vuoto. Lo dice chiaramente Tony Effe: “non sono mai stato appassionato di musica. L’unico concerto a cui sono andato è quello di Alex Britti e spaccava i culi“. Eppure si è ritrovato a fare musica. Ma il filo che lega tutto, anche se in modo sicuramente eccessivo, sembra essere questo:
“Facciamo il disco, poi facciamo i soldi, poi facciamo i live, poi spendiamo i soldi, facciamo i soldi, poi rifacciamo un disco, rifacciamo i soldi, poi li spendiamo e poi niente“.
Ecco, niente. Emerge però anche il loro lato più umano, quello di 4 ragazzi che si sentono a disagio a sfilare per la prima volta per Marcelo Burlon, o lo stretto legame che li lega. “Siamo una famiglia, io sono il padre, Wayne è la madre. Litighiamo soprattutto sulle note di Side, ha preso troppe note in questo periodo e non va bene, è stato anche sospeso” dice sempre Tony Effe.

 

Nella serie risulta poi chiaro come a un certo punto Side si stacchi. Dopo Sick Side, è come se le loro strade inizino a separarsi.

 

 

 

 

Certo, già negli anni precedenti erano usciti progetti solisti dei membri della gang, ma a un certo punto Side non è presente nelle riunioni a 4, Pyrex, Wayne e Tony Effe lavorano in 3 a British e successivamente arriverà il distacco definitivo. Pochi mesi dopo uscirà infatti Trap Lovers, il loro primo disco nella nuova formazione.
Per anni hanno parlato di unione, di famiglia, di gang, la gang non si infama, la gang è per sempre, eppure niente è per sempre.

 

 

 

 

Puntata dopo puntata, dove i dialoghi sono sempre gli stessi e le location cambiano dallo studio, alle strade di Roma, Milano, Londra, concerti, vestiti, gioielli, un piskelletto dark dice: “dicono quello che vogliono e non hanno paura di farlo, e ascoltandoli viene anche a me il coraggio per farlo“. Ho pensato che io mi sono avvicinata al rap perché i rapper mi parlavano come nessun’altro e per quanto possa non capire o trovare stupido il linguaggio della DPG, nonostante ne apprezzi il cambiamento che ha portato, loro sono per alcuni ragazzi, quello che altri rapper sono stati per me e in fondo è questo quello che conta.

 

Tony Effe, Pyrex, Wayne e Side sono quattro personaggi, quattro macchiette, che comunque, più o meno consapevolmente, hanno apportato un cambiamento radicale, hanno fatto sì che tutti potessero dire “se ce l’hanno fatta loro, ce la posso fare anch’io“. La serie arriva anche a dei momenti comici, quasi come se fosse una sitcom. Come la conversazione tra Tony e Sick Luke nella macchina di quest’ultimo:

Tony Effe: ma ce l hai un posacenere?
Sick Luke: no
Tony Effe: 70000 euro di macchina e non ha un posacenere?
Sick Luke: no ha il finestrino

O come quando Wayne riflette sulle collane: “le collane sono bellissime, ma quando penso agli americani con tutte quelle collane a mettersele e levarsele, che palle“.

O ancora quando Pyrex, una volta arrivati a Londra, pensa ai capelli: “ci siamo tagliati i capelli apposta per venire a Londra“.

 

Tra tutti è sicuramente Tony Effe a regalare le battute migliori:
rapper italiano non ti rispetto, rispetto solo per pochi. Sul palco spacchiamo più di ogni altro rapper italiano, anche perché siamo in 4, anzi in 5“.

Io sono il mito di me stesso“. “Quanto cazzo sono orafo“. Tony Effe ha un attestato per selezionare le pietre preziose e in un laboratorio fonde l’oro per creare gioielli.

 

Arrivata con fatica, lo ammetto, alla fine della dodicesima puntata, cosa resta di questa serie? Quattro ragazzi sopra le righe che per caso o passione hanno messo su un qualcosa di grande, che però due anni anni dopo sembra già essere sulla via del declino, un po’ per la dipartita di Side, un po’ perché certi fenomeni, nonostante arrivino in modo dirompente, non sempre sono destinati a durare. Resta anche la verità: al di là di quello che si può pensare Tony Effe, Pyrex, Wayne e Side non sono divisi tra persona e personaggio, sono solo persone, che nel loro modo di essere risultano personaggi. Resta anche la spontaneità, perché quello che dicono nelle loro canzoni arriva spesso e volentieri a caso, come se fosse la trasposizione in musica del loro modo di parlare. Ecco perché in un certo senso sono inimitabili.

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