Salmo: “perché la musica non rimane nel tempo?”

Negli anni ’90 i rapper facevano uscire i dischi ogni 5 anni. Ora esce un disco alla settimana. Ad ogni uscita gridano “disco dell’anno”, poi ne esce uno nuovo e si dimenticano di quello precedente. Se una canzone non ci soddisfa i primi 5 secondi la skippiamo. La soglia dell’attenzione è sempre più sottile. Perché la musica non rimane nel tempo? Perché ci sono troppe releases e non abbiamo il tempo necessario per assimilare. In preda alla frenesia da consumo distratti dalla prossima confezione da aprire“. Ha scritto Salmo nelle sue Instagram stories e quanto ha ragione? Certo, detto da lui che ogni anno fa il disco dell’anno fa un po’ ridere, ma almeno si può dire che alcuna della sua musica sia decisamente rimasta nel tempo.
Oggi è difficile che qualcosa rimanga e mentre Salmo annuncia la nascita di LEBONSKI360, la sua nuova label, Shiva annuncia l’ennesimo singolo in uscita a conferma di quanta frenesia nelle releases governi alcuni artisti.

 

 

 

 

Come si fa ad ascoltare tutto? E per ascoltare intendo capire, fare proprio un disco, conoscerne ogni canzone, non sentire, perché sentire è un’altra cosa. Posso aver sentito il disco di Mambolosco, ma posso aver ascoltato quello di Jack The Smoker o di Ernia, sono due cose diverse. Il disco dell’anno dura una settimana, aspetti l’uscita di quel determinato artista, ascolti il disco, poi diventa vecchio, è come se avesse una data di scadenza, esattamente come il latte. Può essere a lunga conservazione e resistere più a lungo, ma quanti resistono? Se ogni settimana veniamo bombardati da continue uscite, dischi, singoli, Ep, video, cosa ci resta veramente? Quelle tre o quattro tracce che abbiamo ascoltato, che abbiamo fatto nostre, che ci accompagnano nella nostra quotidianità o che diventano virali e volenti o nolenti le sentiamo ovunque e il resto? Puff, sparisce.

 

Ti ricordi tutti i featuring di Shiva o di tha Supreme del 2020? Ne hanno fatti tanti eh, quale vi è rimasto maggiormente impresso? La musica è diventata usa e getta, fast food, la senti una volta e la getti e nel frattempo aspetti la prossima uscita. Instagram è come una lavatrice che centrifuga continuamente e ogni settimana ti fa attendere qualcosa che la settimana successiva ha già il sapore di vecchio, come il latte se lo tieni troppo a lungo aperto in frigorifero. Se ci pensiamo bene è lo specchio dei nostri giorni, sempre di fretta, sempre a immortalare il momento senza viverlo e assaporarlo fino in fondo. I dischi escono, fanno il loro esordio nelle alte posizioni della classifica Fimi e poi spariscono, come se venissero risucchiati dal vortice della lavatrice. Sono pochi quelli che resistono per mesi e mesi, li conti sulle dita di una mano, ci sono sempre Persona di Marracash, 23 6451 di tha Supreme e DNA di Ghali che non escono mai dalla top 20 della classifica Fimi e questo vuol dire solo una cosa: la gente li ascolta, li compra e li streamma e volenti o nolenti hanno una data di scadenza a lunga conservazione. Non sono latte, sono acqua che puoi tenere in frigorifero quanto tempo vuoi.

 

Ma cosa vogliamo noi? Il disco di quello, il singolo di quell’altro, e lo vogliamo spasmodicamente, quindi la macchina della musica si mette in moto e ci dà quello che vogliamo: musica, tanta, troppa musica, MA COSA CE NE FAREMO DI TUTTA QUESTA MUSICA? DOVE LA METTIAMO? Gli artisti sembrano morsi dalla taramtola, producono musica come operai cinesi, hanno paura di perdere il treno, di essere superati, dimenticati, di non cavalcare l’onda e allora battono il ferro finché è caldo e fanno uscire musica che sempre più spesso è chunk food. E chissenefrega se dopo una settimana è già scaduta, l’importante è dire CI SONO ANCHE IO.

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