Perché le pagine del rap fanno tutte le stesse cose? Ce lo spiega Jamil

Perché sembra che molti artisti della scena rap disprezzino la maggior parte dei magazine o pagine di settore? Perché l’unica che sembra contare, nel bene o nel male, sia Esse Magazine?

 

Sempre più spesso abbiamo visto artisti schierarsi contro alcuni magazine o criticarli. Penso a Salmo contro Rolling Stone, a Nitro, Clementino, Vacca, Jamil, Fedez (ho dimenticato qualcuno?) contro Esse Magazine, a Marracash contro Noisey e non da ultimo Jamil contro una pagina Instagram, Tutto sul rap.

 

Ho visto le recenti storie Instagram di Jamil e mi sono fatta alcune domande. Perché c’è quest’astio? Cosa vogliono da noi? Cosa facciamo che non va? 

 

 

 

 

La lista è lunga e Jamil, anche in questo caso, ha ragione. Molte pagine o magazine non hanno conoscenza musicale, non conoscono il mercato discografico, ignorano completamente cosa ci sia dietro, non fanno neanche parte del circuito di informazione che lega l’artista, il suo management e il suo ufficio stampa ai blog o alle testate giornalistiche. Scrivono di rap perché è figo, prendono notizie su internet o sui social e le riportano in modo freddo, distaccato, senza approfondire, o senza avere le basi necessarie per farlo, cercano spasmodicamente l’approvazione degli artisti, come se il loro like o follow cambiasse qualcosa. Manca una critica musicale. Questo l’ho detto mille volte. In pochi hanno il coraggio di criticare un artista e il suo lavoro. Gli argomenti sono monotematici. Se uno parla di Post Malone ubriaco, gli altri lo seguono a ruota. Il gossip attira like e visualizzazioni. E ci sta che, se Jamil parla male di qualcuno, quel post o quell’articolo siano molto più interessanti dell’ultimo singolo di Jamil. Questo però non lo decidiamo noi, ma il pubblico che è assetato di gossip e trash. Se scrivo un articolo sul perché Dr. Dre ha chiamato il suo primo disco The Chronic, per esempio, so già in partenza che farà meno visualizzazioni dell’ultima lite tra Emis Killa e tha Supreme, per questo non dovrei scriverlo? Per molti sì, sono scelte.

Se critichi l’ultimo singolo di Shiva, per esempio, sai già che ti puoi scordare di intervistarlo, a me può non interessare, ad altri sì. È più facile lasciare che sia il pubblico di Instagram a dare giudizi ed evitare di esporsi, criticare solo artisti stranieri che tanto non ti cagano o cercare l’approvazione del rapper di turno. Cosa te ne fai della sua approvazione? Non l’ho mai capito.

 

Sono tanti i difetti che abbiamo e vedere una pagina che si autodefinisce tra le migliori del rap mi fa anche ridere, e penso cosa te ne frega se uno dice fuck Esse Magazine e non viva Pinco Pallo? Non è una critica, è invidia. Se nessuno dice viva Pinco Pallo, è perché o non conosce Pinco Pallo, o lo conosce e non lo ritiene meritevole indipendente dal tipo di lavoro che pensa di svolgere. Semplice no?

Dall’altra però penso che possiamo infinocchiare i nostri lettori a nostro piacimento, ma se io volessi informarmi sul rap troverei contenuti pressoché uguali ovunque, tanto che leggere uno piuttosto che l’altro sarebbe indifferente.

 

Prima di dire noi siamo meglio di loro, bisognerebbe farci un esame di coscienza e chiederci sto facendo bene il mio lavoro? Che poi Esse Magazine sia ormai il punto di riferimento, nel bene e nel male, è un dato di fatto, ma l’invidia, senza una critica ben strutturata non porta da nessuna parte.

Chiediamoci piuttosto perché i magazine e le pagine sul rap non vengano presi in considerazione dalla scena rap se non quando servono a promuovere la loro musica. Perché spesso siamo dei pagliacci, senza arte né parte, burattini nelle mani dei loro uffici stampa di cui copiamo e incolliamo meticolosamente i loro comunicati stampa, diventando l’estensione di essi. Perché non sappiamo fare critica, o abbiamo paura di farla, siamo come quei monaci che copiavano le scritture senza alcun valore aggiunto.

Lascia un commento