16 marzo è la comfort zone di Achille Lauro?

16 marzo di Achille Lauro arriva esattamente come C’est la vie. Prima il tormentone del Festival di Sanremo e poi la ballata romantica e introspettiva. Entrambe caratteristiche della discografia di Lauro, ma sembra una storia che si ripete e che non aggiunge nulla di nuovo.
Far uscire il brano è stato un parto. Lauro era in un Airbnb quando aveva iniziato a lavorarci, poi la quarantena e l’obbligo di non lasciare le abitazioni, a quel punto Lauro ha messo su uno studio di registrazione in quel Airbnb e hanno iniziato a lavorare con gli altri musicisti e produttori a distanza, pubblicando ogni passo su Instagram.

 

 

 

 

E così è nata 16 marzo, “come il giorno in cui gliel’ho dedicata, come il mese dei nuovi amori, quel mese in cui ogni donna torna da chi non la starà cercando più. Come me”.

 

 

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16 marzo non è niente di nuovo, estetica ridondante che circonda il brano a parte, è la solita ballad alla Achille Lauro, più vicina alla tradizione della musica italiana, un po’ Vasco anni ’80 con un suono pop fine anni ’90 / inizio 2000. Tutto il brano verte nel ritornello, in quel Ti innamorerai a marzo, accompagnato dalla voce urlante di Lauro che conosciamo bene e che rende unici i suoi pezzi.

 

Sembra che Lauro, che prima stupiva con suoni nuovi, che in qualche modo andavano contro le tendenze, a volte anticipandole, si sia adagiato su un qualcosa di già fatto, da lui, ma comunque già fatto o che mischia suoni e tendenze passate facendole sue e rendendole attuali. Ma resta comunque un qualcosa di già fatto e non originale, prorompente ed eclettico come è stata la sua discografia finora.

 

Mi spiego, l’anno scorso ha portato a Sanremo Rolls Royce, il singolo successivo è stato C’est la vie. Quest’anno al Festival ha portato Me ne frego con tutto il costumismo eclettico dei vestiti firmati Gucci, e il singolo successivo è stato un’altra ballata. Una mossa già fatta e replicata, e l’impressione è che Lauro voglia attirare l’attenzione più per la comunicazione e l’immagine che per la musica, quando un tempo portava sempre qualcosa di musicalmente stravagante, ora la stravaganza sembra essere relegata al contorno che diventa parte integrante di una musica, come 16 marzo, da comfort zone.

Un brano fatto per piacere al grande pubblico e che funziona, perché Lauro nei pezzi introspettivi è bravo, ma che di fatto non porta niente di nuovo, nessuna di quelle novità a cui ci ha abituati.

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