L’Italia non ha di meglio da fare che querelare Junior Cally, Amadeus e la Rai?

A quattro giorni dall’inizio del Festival di Sanremo, bombardati dallo spot in tv nel quale Amadeus studia i presentatori del passato come Pippo Baudo e Raimondo Vianello, c’è ancora chi proprio non si dà pace e presenta una denuncia contro Junior Cally e il direttore artistico del Festival.

Ma proprio non avete nulla di meglio da fare? Il nostro Paese per molti versi va a rotoli, e se proprio dobbiamo concentrarci sulla violenza sulle donne, puntiamo il dito contro e lottiamo affinché vengano presi seri provvedimenti nei confronti dei tanti stupratori che ci sono in giro. Tuteliamo le donne in difficoltà, non aspettiamo che subiscano abusi, violenze o peggio vengano uccise prima di intervenire. Come sempre in Italia corriamo ai ripari quando ormai è tardi e per pulirci la coscienza serve un capro espiatorio. E da ormai troppo tempo il caprio espiatorio è il rap.

 

Un gioco è bello finché dura poco. E ora è diventato noioso, stucchevole e ridicolo. L’ultima assurdità è avvenuta a Torino, dove la presidente dell’associazione Italia delle Donne, Gisella Valenza, ha pensato bene di presentare ai Carabinieri delle Vallette una querela nei confronti di Amadeus, la dirigenza Rai e Junior Cally.

Nell’atto depositato all’Arma, Valenza parla «dell’l’istigazione alla violenza sulle donne e le forze dell’ordine, odio, oltraggio alla morale, in violazione della Costituzione» in riferimento al testo dei brani di Antonio Signore.

 

Ma la signora Valenza, come ormai mezza Italia non ha ancora capito la differenza tra realtà e finzione? Tra delinquenti veri e arte o musica? Troppo comodo fare i moralisti e gli indignati a caso, quando ogni giorno ci sono donne che chiedono aiuto non lo ottengono.

 

Ma non è tutto. Avrebbe mai pensato Junior Cally di finire su Famiglia Cristiana?

 

Eppure Famiglia Cristiana promuove il “rapper della discordia”. Il settimanale cattolico, non solo non invoca alcuna censura nei confronti della sua partecipazione a Sanremo, ma rivolge l’invito a farne un’occasione di dialogo, anche sul linguaggio del rap, con i propri figli. 

Nelle sette pagine che Famiglia Cristiana dedica al festival, oltre ad un’intervista ad Amadeus e alle pagelle (dove No, grazie di Junior Cally ottiene, in linea con il plauso del resto della critica, un bel 7), trova spazio un articolo dal titolo ‘Anche il rap può aiutarci a conoscere i nostri figli’, dove un’insegnante delle superiori, Maria Gallelli, commenta quello che ormai è diventato il caso Junior Cally e si chiede: “Dove eravamo noi adulti mentre i ragazzi ascoltavano canzoni che ora scopriamo essere piene di violenza? Lo show diventi l’occasione per discuterne insieme. Junior Cally è stato disco di platino nel 2017, ma prima della sua chiamata al Festival di Sanremo era per la maggior parte di noi adulti un illustre sconosciuto. Per i ragazzi no. Si è discusso della sua esclusione dal Festival, sono state raccolte le firme per cacciarlo via, le consigliere nazionali di parità hanno scritto una lettera per chiedere alla Commissione di vigilanza della Camera e al presidente della Rai di prendere provvedimenti.
Ma dove eravamo noi genitori mentre i ragazzi lo ascoltavano ? Dove noi insegnanti? Senz’altro ci è sfuggito qualcosa. Da qui bisogna ripartire. Dal filtro adulto che è mancato. Dall’ascolto, dal tempo da spendere per capire, per trovare il modo di discutere, di interpretare e spiegare la violenza che esiste dentro e fuori di noi. Forse bisognerebbe imparare a utilizzare anche il rap, a noi così lontano, a cominciare proprio dal Festival, per parlare dei disagi sociali, della violenza di genere. Cercando di ricostruire, da educatori, attraverso le cronache e le storie, quella punizione per il misfatto che in queste moderne canzoni tragiche manca del tutto. Perché occorre trovare il modo di attribuire alla giovanile rappresentazione del male una chiave di lettura“.

 

Nonostante il tutto risulti ridondante ed eccessivo, i ragazzi non sono stupidi, non delinquono per un film o una canzone, non hanno bisogno che gli venga spiegato il confine tra finzione e realtà, lo conoscono molto meglio dei loro genitori, ma una linea così pulita e costruttiva è arrivata da un settimanale cattolico. Mentre tutti gli altri, finti accomodanti, hanno preferito denigrare che comprendere. 

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