La differenza tra arte e realtà è vecchia di 2000 anni

Lasciva est nobis pagina, vita proba“.
Lo diceva quasi 2000 anni fa Marco Valerio Marziale, poeta sicuramente controverso, che sconfinava spesso nella volgarità e per questo nel corso degli anni è stato poco studiato, ma in questa frase “La mia poesia è lasciva, la mia vita è onesta” c’è un’enorme e attuale verità. La distinzione tra ciò che esprimiamo, soprattutto nell’arte, e ciò che facciamo e ciò che siamo nella vita reale. Quindi forse scrivere di stupri e omicidi, o cantarlo o metterlo in un film o a teatro non vuol dire essere uno stupratore, né un omicida, né tantomeno istigare allo stupro e all’omicidio.

 

Guardandosi e gli uomini e le donne d’operare disonestamente, ogni ragionare è conceduto” ovvero “È concesso di parlare di ogni cosa, se uomini e donne si astengono dal comportarsi in modo disonestolo faceva dire a un proprio personaggio, quasi 700 anni fa, Giovanni Boccaccio. 

Quindi si può parlare di violenza, stupri, omicidi e persino di droga senza dover essere necessariamente coerenti con i propri testi.

La distinzione tra il dire e il fare viaggia nei secoli e nella letteratura, ma è un viaggio che evidentemente non fa fermate in Italia nel 2020.

Vogliamo sembrare così emancipati e di larghe vedute, all’avanguardia, ma non sappiamo distinguere la realtà dalla finzione. Spesso le polemiche, oltre a rompere le palle e in alcuni casi rischiare di rovinare la carriera di un artista, servono anche per pensare che di tempo dai versi che ho citato ne è passato tanto, ma che in fondo molte persone sono ancora più indietro.

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