Marracash e Roberto Bolle convincono

Ieri sera su Rai Uno è andato in onda il terzo appuntamento di Danza con me, lo show di Roberto Bolle che mette insieme, come in un varietà degli anni ’60, diverse tipologie di artisti.

Il filo conduttore è ovviamente la musica classica e la danza di cui Bolle è l’esponente di spicco a livello mondiale. In molti, però, avranno storto il naso nel leggere tra gli ospiti il nome di Marracash. Cosa c’entra il rap con la danza classica in prima serata su Rai Uno? C’entra eccome. Ogni forma d’arte è espressione, ribellione, lavoro e sacrificio. C’è chi si esprime con il corpo, chi con la voce e chi con le rime.

 

Sentire Marracash cantare Greta Thunberg insieme a Cosmo e vederlo circondato dal corpo di ballo della scuola della Scala di Milano, è stato uno spettacolo unico, inconsueto, ma che ha funzionato e convinto. Tutto bello e tutto poetico, a parte quando a Marra è stato chiesto cos’avesse provato a cantare con la coreografia di quei ballerini e la sua risposta è stata:una figata“. È uscita la Barona che è in lui.

 

 

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Verso la fine della puntata, Marracash presenta l’esibizione di Roberto Bolle con un monologo molto interessante e toccante:

 

Il rap, come la danza, come l’arte racconta la vita, anzi racconta le vite di gente come me, come voi, che viene dalla periferia di una grande città o del mondo. Che differenza fa? Puoi anche vivere al centro del mondo, ma se non ti guardi attorno, se ti giri sempre dall’altra parte, sei tu la periferia. Il rap è cattivo? No. Il rap è ribelle, è impegno sociale. Il rap racconta storie che sempre più spesso non vogliamo sentire, perché così ci sentiamo migliori. 

Ho cercato sul vocabolario il significato della parola pietà. C’è scritto: sentimento che induce alla compassione, all’amore e al rispetto delle altre persone. E per altre persone non si intendono i tuoi amici e la tua famiglia. 

Siamo bombardati da urla di dolore. Ci arrivano attraverso le pareti sottili delle nostre case, dalle scuole, al di là del mare. Sono urla di adulti, donne, stranieri, bambini e le ignoriamo. E allora cos’è rimasto della nostra compassione? Ogni volto che non vediamo più è un pezzo della nostra umanità che abbiamo perso. Se non siamo più in grado di rifletterci nell’umanità, l’umanità non si rifletterà più in noi. Se non torniamo umani abbiamo perso tutti. L’umanità ha perso“.

 

 

 

Per rivedere l’esibizione di Marra vai a questo link.

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