Marracash: “il rap è una delle poche cose democraticamente elette del nostro Paese”

Daria Bignardi è una delle poche giornaliste che ogni settimana riesce a raccontare il rap in tv in modo profondo, veritiero e senza pregiudizi o giudizi. Ieri a L’Assedio l’attesissimo ospite è stato Marracash, che ha parlato del disco, dell’amore, delle difficoltà che si incontrano quando si diventa famosi, del suo bipolarismo e di quanto andare da un analista sia stato fondamentale. 

 

Chi fa l’artista ha una sensibilità spiccata: ho fasi depressive, alternate a fase euforiche. Alcune volte dire che si è bipolari fa un po’ frase da Smemoranda, è trendy. Di questa bipolarità me non sono accorto anche per le mie fidanzate, poi ho avuto una conferma dopo King del Rap. Ho avuto un momento di euforia estrema, non riuscivo più a dormire e stavo a mille. Mi è stato diagnosticato il disturbo lieve da entrambi gli specialisti, psichiatra e psicologo.

Ci sono persone ricche che vogliono diventare famose e ti chiedi perché. I social sono dominanti per chi aspira a diventare popolare. L’album Persona inizialmente doveva chiamarsi Avatar. L’idea era quella di costruirsi un avatar, un altro me stesso sotto forma musicale. Un po’ tutti costruiamo un alter ego digitale che poi non ci rappresenta. Una volta lo facevano solo gli artisti, ormai lo fanno tutti con i social network. Qui promuovi una vita splendida con i momenti più belli. Non metti quando piangi e sei giù. È falsato, e questo butta tutti giù. È uno stress continuo sia nel farlo sia nel vederlo: apparentemente vedi gli altri che fanno chissà cosa. Il social network è fatto per suscitare invidia negli altri. È normale che lo faccia un artista perché fa parte della sua arte, ma è assurdo che lo facciano tutti“.

 

 

 

 

Un bello spaccato di vita e di pensieri legati al disco e raccontati nel disco, ma che fanno parte della vita quotidiana, non solo di Fabio, ma di tutti noi. Quello che colpisce da questa intervista, oltre al racconto su quell’amore tossico raccontato in CRUDELIA, è l’analisi che Marra fa sul rap e sull’impatto del rap.

 

Abbiamo lottato fino alla morte per questa cosa, abbiamo fatto a spallate. La rinnovata attenzione mediatica che c’è attualmente in Italia nei confronti del rap non mi infastidisce in alcun modo, anzi, noi abbiamo lottato fino alla morte per ottenere questa cosa, abbiamo fatto a spallate, per cui figurati.

Ti posso dire che il rap è una delle poche cose democraticamente elette e onestamente meritocratiche di questo Paese. Mi spiego meglio: l’avvento del rap è una delle poche cose meritocratiche perché è arrivato su richiesta popolare. A noi in passato hanno dato sempre due patatine, qualche pacca sulle spalle e basta. Non abbiamo mai avuto una cassa di risonanza mediatica seria, tutt’ora abbiamo un sacco di difficoltà, quindi il successo del rap è proprio un qualcosa di eletto dal popolo.

Sono i numeri ad aver fatto diventare il rap quello che è, abbiamo dovuto prima dimostrare tutto, riempendo i concerti e occupando le classifiche“.

 

 

https://www.instagram.com/p/B42IV8PCQgh/?igshid=1rlg9z9dki46k

 

 

Trovate l’intervista completa a questo link.

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