Persona di Marracash è un capolavoro?

Il 31 ottobre è uscito Persona, il quinto album in studio di Marracash, (se non contiamo Santeria) e il pubblico è andato in visibilio e in estasi. Tutti gridano al capolavoro, ma Persona è un capolavoro? E qual è il metro di paragone per definire un album un capolavoro? Sicuramente l’attesa era molta, quattro anni da Status si stavano facendo sentire, e l’arrivo di Persona è stato visto come chi vede l’acqua nel deserto o come un fulmine a ciel sereno, ma a conti fatti è un buon prodotto in un mare di mediocrità.

 

Marra ha detto “sono il king del rap, nessuno ha detto beh” ed è così da sempre e sempre sarà così. Ancora oggi, Marra è il king, il numero uno indiscusso, osannato e venerato da tutti: pubblico, colleghi, critica. Ma l’abbiamo messo noi in cima, gliel’abbiamo dato noi lo status di intoccabile: ci sono Marracash, Fabri Fibra, Gué Pequeno e poi tutti gli altri. Lo stiamo applaudendo per aver fatto un buon disco, ma era semplicemente quello che doveva fare. Quando tornavo a casa con un bel voto e gongolavo come se avessi vinto un Oscar, mio padre mi diceva “hai fatto solo il tuo dovere“. Il mio dovere era studiare, il dovere di chi fa musica è fare musica di livello. Punto.

 

Io stessa ho pianto dopo il primo ascolto, gli ho dato 9 in pagella, ma più ascolto Persona più il mio voto scende. È sicuramente un buon album, ma non un capolavoro. Mi rendo conto che la mia reazione è stata dettata più dallo stupore nel sentire qualcuno che facesse un buon disco, che sapesse scrivere, rappare, fare citazioni, campionamenti, omaggi, che raccontasse e lasciasse qualcosa, ma non è la base questa di chi fa musica?

 

La forza di Marra sta anche nella sua poca esposizione. È poco sui social, si concede poco alle collaborazioni, e tutto questo fa sì che inevitabilmente l’attenzione si catalizzi su di lui, come quando sei a una festa e noti chi non c’è, non chi c’è. Così è Marra. 

 

Indubbiamente in Persona troviamo la sua innata capacità di scrittura, che ci trasporta letteralmente nel suo mondo. C’è un fil rouge che collega Status a Persona e lo si ritrova in Untitled “lasciare che il mio personaggio uccida Fabio un’altra volta, no“. Ora è Fabio ad aver ucciso Marracash. C’è la sua vita dentro, vita che in parte ci ha già raccontato, come il quartiere, la strada, la famiglia e vita che non potevamo neanche immaginare, come la depressione, l’amore tossico e l’aver trovato finalmente pace e serenità, aspetti che lo rendono umano e fragile e non il supereroe in grado di mettere a posto la scena rap italiana.

 

Persona è stato definito un concept album, ma in realtà Marra non conosceva neanche Persona, il capolavoro di Bergman da cui prende il titolo e l’idea di associare ogni brano a una parte del corpo, dai denti allo stomaco, passando per il pene e l’anima, è solo un tentativo di creare un filo conduttore che leghi le tracce, una specie di leit motiv o trovare una narrazione coerente. 

 

Sono fuori discussione la tecnica di Marra, il suo saper passare da momenti tamarri, ad altri profondi, introspettivi, analitici, spassosi, ironici. La sua abilità di rapper è fuori discussione, così come quella di scrittura e il suo saper parlare di attualità e politica in modo pungente e sarcastico. Ma Persona non convince al 100% e non è la prima volta che accade. Così come non è la prima volta che la scelta dei featuring non è completamente azzeccata.

In questo caso nessuno, tranne un Luchè in perfetta forma, è riuscito a tenere botta a Marra dal punto di vista della metrica. Madame è completamente fuori luogo e contesto. Le è stato affidato un pezzo troppo complesso per lei e incoerente con i suoi 17 anni, con il quale non ha potuto confrontarsi ad armi pari. Superbo Massimo Pericolo in “Appartengo – Il sangue”, brano serioso, forte e rabbioso, rischiarato dal grottesco rimando al successo di Ambra Angiolini: bel gioco di contrasti assolutamente ben riuscito. Divertente e spassoso il pezzo con Mahmood “Non sono Marra – La pelle”, che riprende l’equivoco assolutamente attuale di tutte le persone che li scambiano continuamente. La presenza di tha Suprem, invece, è stata molto criticata, ma intanto “avevo la lean nel backpack” è il ritornello che non ti togli dalla testa.

 

Le citazioni sono perfette, Quelli che non pensano è il sequel ideale di Quelli che benpensano, forse il migliore che si potesse immaginare, i riferimenti a T’Appartengo di Ambra, a Ti Amo di Umberto Tozzi o I Corvi sono ottimi, così come le produzioni. Ma manca qualcosa. 

 

Il disco si apre con un manifesto ideale e perfetto di un nuovo percorso fatto di introspezione, sincerità, aggressività dove persona e personaggio si confondono che troviamo in “Body Parts – I denti”, un’exploit altissimo che piano piano va scemando. Di fatto è un disco scritto in tre mesi e da un certo punto di vista si vede, nonostante l’indiscussa abilità di scrittura di Marra, che appunto per le sue doti avrebbe potuto fare di più.

 

 

Le parti del corpo più che parti sono pezzi di corpo, che non sembrano legate tra loro. E manca coraggio. Il coraggio di affrontare un lavoro più personale, ancora più intimo e profondo. Persona è come un buffet che vuole mettere d’accordo tutti, ma che inevitabilmente scontenta qualcuno, perché manca di quel valore aggiunto che tutti ci aspettavamo da Marra e le parti del corpo regalano un viaggio nel mondo di Fabio a volte superficiale e a tratti incoerente. Da Marracash artista, a quarant’anni, mi sarei aspettata una consapevolezza, una ricerca e una sperimentazione maggiore. Persona non è un album che osa e che si spinge oltre. Non è un capolavoro. È un ottimo disco, ma lontano dalla perfezione.

 

 

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