Ha senso analizzare un fenomeno?

Nel momento in cui ti metti ad analizzare un fenomeno sei già in ritardo, perché sta già evolvendo, ha già cambiato alcuni contorni, o forse semplicemente ti sei accorto di quel fenomeno solo nel momento in cui se ne sono accorti tutti e quindi sei comunque in ritardo.

Ha senso analizzare la trap? I suoi linguaggi, la sua immagine, i testi, i suoni? O non è forse la trap un’evoluzione del rap? I rapper e mi riferisco a quelli delle origini, a Rakim per esempio, non ostentavano già gioielli, collane, macchine e abiti di lusso? Oggi lo fanno i trapper, ma è solo l’evoluzione 2.0, quella data dai social, la sua conseguenza.

 

 

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Si può dire che la differenza tra trap e rap sia nei contenuti e nei suoni? Certo, il rap aveva un suono, spesso uguale, ma tanti troppi contenuti, ritornelli difficili da fare, a volte assenti, mentre la trap ha suoni pazzeschi, tre parole nelle strofe e ritornelli che, anche se non vuoi, li canti. Ma non sono tutti formati da parole buttate lì a caso. I testi trap sono costruiti secondo una logica narrativa che procede per quadri e descrizioni sconnesse che concorrono tuttavia a restituire una data impressione o clima. Tipici di questa strategia sono fenomeni sintattici come l’enumerazione e la giustapposizione asindetica (“Beve champagne / sotto Ramadan; / alla TV / danno Jackie Chan; / fuma narghilè / mi chiede come va”, da Soldi, Mahmood), e in generale la scarsa coerenza testuale (“Lei si specchia con la selfie dell’iPhone / beve Sauvignon / un urlo tra i palazzi, la Roma avrà fatto un gol” da Enjoy, di Carl Brave x Franco126).
All’interno dei singoli versi il procedere per suggestioni si ripercuote nell’uso frequente di figure retoriche come l’antonomasia (“Non la passo mai, Cristiano Ronaldo”, da Pesi sul collo, di Dark Polo Gang; “Fuori classe sì, Leo Messi”, da Giovane Fuoriclasse di Capo Plaza; “Io sono fuori, Brexit”, da Ninna Nanna di Ghali; “Genio della lampada, Aladdin”, da Stazione centrale di Vaz Tè) in luogo di similitudini con l’omissione del nesso come. 

Hanno di fatto una loro logica, che si chiama linguistica. Ora, non sto dicendo che siano tutti laureati in linguistica, ma ce ne sono tantissimi di testi trap che si rifanno a questa disciplina, sicuramente in modo assolutamente inconsapevole.

 

La trap guarda solo l’estetica? Perché il rap no? Avete mai visto Fabri Fibra uscire con una tuta che non sia dell’adisas? Credete che Noyz Narcos si vesta a caso? O che invece scelga accuratamente i jeans, le Jordan o il cappellino da mettere? Certo, magari, anzi sicuramente, non mostrano collane di diamanti e Rolex, ma neanche Ernia lo fa, neanche Rkomi o Tedua, o Izi. Quella è ostentazione che anche i Club Dogo avevano.

 

 

Si può dire che alcuni artisti di oggi hanno un seguito grazie a Instagram, questo è verissimo, e si può dire che oggi rapper e trapper siano i nuovi influencer. Ma anche in questo siamo arrivati anni luce dopo. È da decenni che la moda prende spunto dall’hip hop e che i due mondi vanno di pari passo. Forse si può dire invece che gli artisti più giovani sono disconnessi dal futuro. Pensano che se oggi sono “famosi”, allora lo saranno per sempre e non pensano a un piano A, B o C o a diversificare il loro business, come invece molti altri fanno.

 

Ha quindi senso analizzare un fenomeno? No perché ora che ne stiamo parlando, ci rendiamo conto che non è nulla di così diverso da quello che c’era prima e intanto lui sta già evolvendo in qualcos’altro. Comunque vi consiglio di guardarvi Trap Generation de La Repubblica, che, sebbene sia pieno di ovvietà, è un ottimo spunto fatto da alcuni dei protagonisti della scena.

 

 

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