Inizia il Festival di Sanremo e iniziano le polemiche

Comunque a Sanremo quest’anno ci sono solo rapper, semi rapper e cantanti con rapper in allegato” ho letto sul profilo Facebook di Matteo Fini e in effetti è vero. Di questa prima serata ricorderemo sicuramente gli attimi di terrore sul volto di milioni di italiani al pensiero che Loredana Bertè si tirasse su la gonna. Ma anche Patty Pravo e le sue parole “Ma sono venuta a fare una passeggiata o a cantare?“.

Passando alla musica, Achille Lauro e Ghemon hanno portato due canzoni di altissimo livello. Ed è proprio Lauro al centro delle polemiche. Ad accusarlo è stato Frankie Hi Nrg, che su Twitter ha lasciato intendere che Rolls Royce ricordi un pezzo degli Smashing Pumpkins, 1979.

Ma c’è anche chi sostiene che ricordi una canzone dei Chemical Brothers, Surface To Air.

Chi conosce Achille Lauro e ha seguito il suo percorso musicale sa bene che non è nella sua indole prendere spunto da altri artisti per la propria musica. Sicuramente è un personaggio che fa discutere, eccentrico, sopra le righe, che ha portato un pezzo al Festival di Sanremo completamente lontano da quelli che sono i canoni che ci si aspetta da quel contesto. “Ricorda Vasco” scrivono in molti, beh se fosse sarebbe un gran complimento, no?

Un’altra polemica riguarda il ritmo e la linea armonica di Per un milione dei BoomDaBash e di Despacito di Luis Fonsi. Specialmente nella parte iniziale, infatti, il ritmo latino del reggaeton di Despacito ritorna nella canzone del gruppo pugliese.

Bellissima anche la canzone Rose Viola di Ghemon, che lui stesso definisce come “la fotografia più attuale e fedele di quello che sono musicalmente. Un versatile punto d’incontro tra più territori, l’anima ‘black’ che si fonde col cantautore.”

Ogni anno il Festival di Sanremo si porta dietro polemiche e presunti plagi, è normale che sia così visto che tutti gli occhi e le tastiere sono puntati proprio sul Festival, che comunque va inteso come un’esperienza a se stante rispetto alla carriera di un artista. Oggi Sanremo non ha più la forza e l’autorevolezza per decretare il successo o meno di un cantante, non è più un trampolino di lancio né tanto meno il punto di arrivo. Basti pensare a quante canzoni sono passate in 69 edizioni della kermesse e quante effettivamente il pubblico ricorda. Non solo, oggi Sanremo, in termini di vendite, vale poco più dell’1 per cento del mercato discografico. In questo quadro si innestano le parole di Enzo Mazza, presidente di Fimi, la federazione che rappresenta le major: “Dato il minor peso promozionale esercitato dalla kermesse, è indubbio che in prospettiva i rimborsi per le case discografiche vadano rivisti. Il pay off promozionale non vale più, mentre portare un artista in gara per una major comporta costi che si avvicinano ai 100 mila euro“.

Quindi alla fine Sanremo è solo un costo per le major, una vetrina per gli artisti che ci guadagnano in termini di visibilità visto che, bene o male, tutti i media ne parlano. La sensazione, però, è che comunque in pochi sapessero realmente cantare accompagnati da un’orchestra.

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