Sinatra è quello che ci aspettavamo?

C’è chi dice che sia il miglior disco di Guè Pequeno, per me è un insulto alla sua intera discografia, ma Sinatra è esattamente quello che ci aspettavamo. Un disco che nel sound supera abbondantemente, come un balzo felino, la moda della trap, come se fosse già roba vecchia e superata. Un disco fatto in un momento tranquillo e rilassato di Guè, che a 30 anni suonati vive ancora tra club, serate, nottate folli, brand di lusso, località esclusive e jet privati. Un disco in cui riesce a passare  dal latin, ad Atlanta, dall’hip hop old school fino ad arrivare all’indie rap con 12 tracce che hanno tutte il sapore della hit e che dimostrano come il suo flow, la sua tecnica, il suo modo di fare musica sfrontato e spaccone si sia notevolmente affinato nel corso degli anni. Rappa con tutti Guè, 12 tracce e solo 3 da solo, che danno a Sinatra la veste della compilation più che del disco di un solo artista, ma a lui cosa gliene frega? Sta facendo quello che gli va di fare, come sempre, ma con più serenità rispetto al passato. Scavalca le tendenze, ne porta di nuove ed esplora altri territori.

Ci aspettavamo un disco maturo? Ci aspettavamo un disco alla Vero? Sapevamo che non sarebbe stato così. Ha rappato con tutti per il piacere di farlo, ha spaziato tra generi e stili diversi perché gli piace giocare con la musica e ha dimostrato che i ventenni sono tutti figli suoi. La freschezza del ventenne non è di Sfera Ebbasta, Drefgold e Capo Plaza, ma di Guè, lui è anni luce avanti a loro, lo sapevamo già, non possono competere con lui, non giocano nello stesso campionato, lui li batte tutti, anche nel loro, anche trappando.

I pezzi migliori? 2%, una perfetta sintonia tra due big di due generi completamente diversi che sembrano nati per stare insieme, Bling Blig (Oro), l’omaggio a Oro di Mango ci fa capire quanto il cantautore fosse hip hop senza neanche saperlo, Bastardi senza Gloria, l’hip hop old school di cui avevamo tanto bisogno.

Sinatra non è sicuramente il miglior disco di Guè Pequeno nel suo complesso, ma è il miglior esercizio di stile di Guè e il miglior omaggio all’hip hop e alle sue mille sfaccettature che potesse fare.

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