Il passato entra nel futuro e nasce Pour L’Amour di Achille Lauro e Boss Doms

Il primo capitolo di un libro, un disco visto come una virgola che separa un paragrafo da un altro, un pensiero da quello successivo nella vita e nell’arte di Achille Lauro e Boss Doms. Vivere il presente con uno sguardo al passato e uno al futuro è la visione della musica di questi due artisti romani.
Prendono spunto dai miti rock punk degli anni ’70, vivono come in Velvet Goldmine, si chiudono per mesi in una villa a dipingere musica, ne escono confusi, con la difficoltà di chi deve tornare alla vita reale e con talmente tante tracce da poter riempire tre interi dischi, se non di più. La follia, il genio e l’amore per la musica, per gli amici, per l’arte, l’amore sofferto.

Pour L’Amour, l’Amour Souffert.

Un disco indefinibile, musica sperimentale e a tratti futuristica, un passaggio tra il passato e il futuro dove Lauro descrive se stesso nel presente. Ogni traccia è diversa dall’altra per sonorità e tematiche, tutte legate insieme da un unico filo conduttore: la droga, l’amore e la dipendenza da esso. E’ un viaggio che si apre e si chiude con i due pezzi più introspettivi dell’intero lavoro, con all’interno momenti di colore differenti, dove ogni aspetto della vita e della personalità di Lauro si sposano e vengono esaltati dai suoni di Boss Doms. Un disco maturo artisticamente e personalmente, completo, ma non fermo, perché lascia intendere nell’evoluzione e nell’innovazione che porta, un seguito, un ulteriore passo avanti che li porterà ancora oltre.

“Questo disco per noi era un esperimento – racconta Boss Doms – sentivamo il bisogno di inserire pezzi più da club, qualcosa di più adatto ai concerti e ai locali, perché la nostra musica ha sempre avuta una visione più poetica, molto musicale ma poco ritmica. Arrivati a questo punto avevamo un sacco di pezzi giocherelloni e ci mancava qualcosa di più profondo, abbiamo deciso di fare questo miscuglio di sonorità diverse. Tutto l’album – prosegue Lauro – ha un concept futuristico che non c’entra niente con le mode del momento, ma anticipa quello che verrà com’è stata tutta la nostra carriera. Quando andava lo street rap noi mettevamo gli occhiali da donna, ci vestivamo con indumenti femminili ed è diventata la nuova moda, diciamo che sono tutti figli nostri i nostri coetanei, ma l’occhiale da donna lo puoi comprare e copiare, la musica figa con uno sguardo al futuro cercando di non prendere ispirazione da niente che sia in voga adesso, ma ispirandoci al passato e alle nostre varie influenze musicali. Il disco è stato concepito in modo diverso. Abbiamo preso una villa, montato tre studi, eravamo in 15 artisti con 10 kg di marjiuana, sono passate 150 persone da noi e abbiamo lavorato come si faceva negli anni ’70, come facevano i Doors, che stavano chiusi finchè non usciva la musica e abbiamo creato tre dischi tutti diversi l’uno dall’altro. Questo è il primo della nostra trilogia, io sono proiettato al futuro, ma mi godo il presente”.

La prima volta che abbiamo chiacchierato ti ho chiesto chi è Achille Lauro, tu mi avevi dato una risposta che c’entra molto con questo disco, chi è Achille Lauro oggi?

“Che risposta ti avevo dato? Ti ricordi?”

Sì, un ragazzo che ama la musica.

“Esatto, ti rispondo allo stesso modo, come due anni fa. Achille Lauro sicuramente è un musicista, non un rapper, né altro, Achille Lauro è Achille Lauro. Sono contento che adesso siamo diventati Achille Lauro e Boss Doms, che ci siamo trovati e il tutto è nato dal semplice fatto che io non ero un rapper e mi faceva schifo il rap e abbiamo creato una cosa tutta nostra. Lui non era un rapper – prosegue Doms- e io non ero un betamaker, lui, sia nel modo di cantare che nei testi, era un outsider, un inclassificabile e io venendo da un altro genere non potevo essere classificato come beat maker e abbiamo detto wow forse abbiamo qualcosa in comune. E sai cosa? – conclude Lauro – anche lui era un amante della musica vera”.

Che non sei rap si capisce, ma cosa non ti piace del genere? Tu arrivi da lì..

“Io ho sbagliato campionato, ho iniziato percorrendo una strada, poi ho capito qual era la mia e ho deciso di cambiare direzione. La nostra direzione è la musica vera, figa, fatta con strumenti, se dovessi decidere di virare verso un genere preciso, non virerei verso il rap, non mi interessa”.

Questo amore è fatto da mille sfaccettature, ma quale ti rappresenta di più?

“Sicuramente l’amore sofferto, l’amore patito questa è la sfumatura nella quale mi ritrovo di più e che ha alimentato maggiormente la nostra arte”.

In che anno vivete? Anni fa ma nel futuro?

“A metà tra il futuro e il passato, negli anni ’70 ma non so di quale millennio, 2070, 3070. Il disco secondo me inizia e si chiude con quello che ci rappresenta di più, questo è il bello, poi tutto quello che c’è in mezzo è una macedonia, è la tempesta delle varie emozioni e stati d’animo, ma volevo che si aprisse e si chiudesse con quello che piace a te che poi è anche quello che piace a me. Quando i fan mi dicono che vogliono la musica introspettiva, io risponderei anch’io, la facciamo e ci sarà. Samba trap è stata una parentesi figa, estiva, divertente, club, per i live, ma io sono affezionato alla musica vera”.

Per quanto riguarda la parte produttiva, come lavori?

Boss Doms “A getto, prendo tutti i colori e li lancio contro la parete e poi quello che esce esce. Più o meno è questo, non ho un metodo di lavoro preciso e questo è la mia condanna e la mia fortuna, infatti loro impazziscono perché sono una persona orribile da questo punto di vista. Posso iniziare da una cosa piuttosto che da un’altra, basta che scatti la scintilla. Con Lauro ho due tipologie di approccio al lavoro, o creiamo il tutto insieme confrontandoci e costruendo la traccia insieme, oppure lui arriva con qualcosa scritta su una bozza e io ci costruisco la musica o viceversa, magari ho del materiale e lui trova il testo. Com’è successo con Teatro e Cinema, lui aveva questo testo scritto su una base orrenda e io questo beat anni ’80, gliel’ho fatto sentire in studio e lui ci ha cantato sopra il testo e nel giro di due ore avevamo il pezzo chiuso. E’ stato uno dei pochi pezzi che abbiamo fatto in due ore. Anche Penelope è stato veloce, io conoscevo il suo testo, avevo fatto la musica in studio e gli mandai una nota vocale in cui cantavo insegnami com’è con la mia base sotto, lui mi risponde figo, viene in studio, mettiamo mano al beat in cinque minuti, lui prende il testo e bam, primo take, unica registrazione ed è quella finale. Quella è scintilla, magia, come un fulmine”.

Quando sei uscito con Ragazzi Madre mi hai detto che il primo istinto è stato quello di buttare via tutto e rifarlo, è stato così anche con Pour L’Amour?

“Sempre, ma molto prima di essere finito. Molte tracce, mentre lavoriamo, le vorremmo buttare perché non ce la facciamo più a sentirle, poi abbiamo altri due dischi già pronti quindi siamo talmente proiettati sul futuro che questa per noi è roba già vecchia. In Sony c’è un ragazzo che ha seguito tutto il mio percorso e secondo lui questo è il disco migliore che abbiamo fatto a livello di maturità artistica e con un’identità fortissima”.

Diciamo che ti sei un po’ distaccato dal tuo passato e qua hai messo il tuo presente e la tua vita attuale, anche se con qualche richiamo al passato

“Esattamente”.

Cosa ti aspetti da questo disco?

“Non mi interessa avere aspettative, io sono proiettato verso il futuro, ho aspettative dalla mia carriera in generale, non da un disco nello specifico. Per me è una virgola in una poesia lunga che durerà anni, perché se ci pensi il nostro fuoco non è nato ieri, i nostri fan sono persone che possono avere anche 8 anni, ma il focus è tra i 16 e i 30, quindi persone che pensano, che ascoltano, che te le porti avanti per sempre, quindi io mi aspetto qualcosa dalla nostra parabola a lungo periodo”.

Etichettare la musica non è mai facile, etichettare quella di Lauro e Doms è impossibile. E’ un flusso in continua evoluzione, come dipingere un quadro, come buttare dei colori su una tela e renderli omogenei e perfetti insieme. E’ uno di quei dischi che cattura dalla prima all’ultima traccia, che ti fa dire come fa a suonare così? Come fanno a fare musica così? E’ arte. Puoi provare a fare l’artista, puoi definirti tale, ma è un dono, o ce l’hai o non lo avrai mai e di certo non puoi copiarlo. Durante la nostra chiacchierata mi hanno chiesto “te lo aspettavi così?” Non so cosa mi aspettavo, è difficile prevederli, aspettavo qualcosa che mi avrebbe catturata, sorpresa e non stancata e così è stato. Ma Pour L’Amour ha superato le mie aspettative, è uno di quei dischi che vanno gustati, assaporati, capiti e che non puoi fare a meno di sentire in loop.

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