Non puoi togliere Tufello da Rancore

Rancore è un giovane rapper romano classe ’89 con un background di tutto rispetto alle spalle. Separare le rime di Rancore dalla sua vita e dal suo amato quartiere, Tufello, è impossibile e imprescindibile, l’uno richiama l’altro e viceversa, sono legati a doppio filo. Fin da subito, dalla sua prima canzone ‘Tufello’, incisa a soli 15 anni, è stato chiaro quanto la sua fosse una voce fuori dal coro nella scena rap italiana, una voce che non parla di soldi, donne, successo, sesso, una voce che mette sè stesso, le sue strade, i suoi cortili, la sua fantasia al centro e arriva a costruire con giochi di parole un’altra vita. Il suo nuovo disco ‘Musica per bambini’ è un’opera impeccabile, una di quelle che ti fanno dire il rap esiste ancora, è come leggere diverse pagine del libro Tufello/Rancore, come guardare un album fotografico dedicato al suo quartiere.

Raccontami il quartiere da dove provieni, come sei cresciuto, qual è la tua storia e come ti sei avvicinato al rap.

“La prima canzone che ho fatto uscire in vita mia si intitola TUFELLO ed è contenuta nell’album ‘SeguiMe’ uscito nel 2006 e ristampato nel 2016. La canzone inizia cosi’ ‘’So nato al Tufello, è li’ che vivo/ conosco ogni curva ogni strada ogni bivio…’’. Quando avevo 15 anni e ho scritto quel testo avevo la necessità di raccontare quello che mi circondava, senza però guardare oltre il filo spinato. In parte era l’età a condizionare la mia descrizione semplice delle cose, in parte era la consapevolezza che anche senza superare il filo spinato le cose da raccontare erano già tantissime. Oggi mi guardo intorno e vedo sempre filo spinato, ma i recinti scavalcati e superati sono stati molti, e il vecchio filo spinato che vedevo a 15 anni è ormai storia passata e ferro arrugginito. Nulla però è cambiato, vivo sempre al Tufello, e le curve, le strade ed ogni singolo bivio sono sempre gli stessi. Sono cresciuto qui, nonostante parte di me si è evoluta altrove. Ho iniziato a scrivere le prime canzoni all’età di 14 anni e in tutto questo tempo la mia crescita è stata scandita dal respiro della musica. Ogni disco che ho fatto in vita mia rappresenta un’età diversa, una nascita ed una morte sempre diverse.

La mia storia è lunga e complessa, forse tutti potrebbero dire la stessa cosa della propria, ma a volte penso che se la raccontassi sembrerebbe completamente inventata. Questo è il motivo per il quale ne ho sempre inventata una diversa così da rendere tutto più divertente. Io stesso dimentico il mio vissuto e ne ricordo solo dei frammenti momentanei che poi svaniscono per lasciare spazio ad altri frammenti. A volte mi sembra di aver viaggiato oltre questo pianeta e non smetto mai di sentire questa sensazione anche se mi siedo su un muretto del Tufello a guardare ciò che vedo da una vita. Questi sono forse i motivi che mi hanno spinto a continuare a fantasticare, a scrivere sulla musica, per raccogliere tutti i frammenti possibili, ricostruire le rotte di vecchi viaggi per farne nuovi, scrivendo come su un diario di bordo tutto ciò che vedo”.

Quanto hanno influenzato il tuo background e il tuo quartiere la tua musica?

Il mio quartiere è la poesia. Le persone che vivono qui creano la poesia ogni giorno, quando vivono questo quartiere. In queste strade non mi sono mai sentito solo, anche quando lo ero. La musica nasce dall’ispirazione e nulla mi ispira come ciò che non mi lascia solo. Credo che questo sia normale. Il mio quartiere, come tutti i ricordi della mia vita, i ricordi che sono rimasti qui, sono una delle fonti primarie dell’ispirazione che poi mi porta a sentire la necessità di scrivere. Non nasce solo da questo la musica, ma questo è un punto fondamentale quando scrivi una canzone. Se uno ascolta le canzoni che ho scritto il riferimento al mio quartiere è molto spesso presente, come se fosse un mondo a parte, il luogo leggendario delle storie fantastiche che cerco di descrivere”.

A quale esperienza o luogo sei più legato?

“Sono molto legato a questi cortili. Spesso li vedo come la materializzazione dei labirinti del mio spirito. Io li conosco molto bene ma chi ci entra la prima volta potrebbe perdersi molto facilmente. Questi cortili sono come le mie rime, un incastro, non solo nella forma, ma anche nel contenuto. A volte mi sembra si nasconda una città incantata sotto questo labirinto. Ricordo quando giocavo qui cosa andavo cercando da piccolo. Cercavo una grande scoperta, un passaggio segreto per il centro della terra o un’astronave di pietra per salire su un castello che vola.  Riguardo a questo argomento non sono cambiato. Sono ancora convinto che sia il passaggio segreto che l’astronave siano proprio qui nel mio cortile”.

Se fossi ipoteticamente cresciuto da un’altra parte avresti fatto lo stesso rap?

“Molto probabilmente se fossi cresciuto da un altra parte avrei avuto un altro modo di raccontare le cose, e avrei raccontato di altro. Questo luogo ha molte particolarità che non passano inosservate e che sicuramente hanno un effetto su tutte le persone che vivono qui. Tufello porta questo nome perché in teoria è costruito sopra un’antica necropoli etrusca, e gli etruschi mettevano i morti nel tufo affinché le salme tardassero la decomposizione. Il tufo si dice abbia molte proprietà tra cui la radioattività. Sono il primo a chiedersi come sarei stato, e di conseguenza come sarebbe stata la mia musica, se fossi nato da un altra parte, senza queste influenze”.

Credi che il rap sia un buon modo per togliere i ragazzi dalla strada?

“Credo che solo collegare il cuore con il cervello sia un buon modo per togliersi dalla strada ma il cuore lo abbiamo scollegato ultimamente. Se devo essere sincero ci sono forme di rap che sono più criminali di alcune forme di non legalità. Il mio pensiero riguardo a questo argomento non vede una vera soluzione nella musica. La musica non salva, sei tu a salvarti cambiando con la musica le cose che ti circondano”.

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