È facile dire di ascoltare Fabri Fibra

È facile dire di ascoltare Fabri Fibra. È un po’ meno facile sapere quello che c’è dietro Fabri Fibra. Sì, perché Fabri non è certo (solo!) quello di ‘Stavo Pensando a Te’, ‘Tranne te’, ‘Applausi’. Ovvio, anche quello è Fabri Fibra e penso e credo che i pezzi appena citati siano sicuramente delle pietre miliari della musica, vuoi per un verso o vuoi per un altro. Ma Fabri è, a mio parere, uno dei massimi esponenti della scena rap italiana, ieri, oggi e ancora domani, alla soglia dei 42 anni. Perché non è semplice durare a lungo nella musica, specie se fai rap italiano, specie se vuoi inseguire delle strade che non sempre faranno contenti i tuoi fan. Ma Fibra è lui. Nell’ultimo disco ‘Fenomeno’, ho trovato un po’ la somma di tutte le operazioni che il Tarducci ha fatto durante la sua carriera. La massima espressione della sua musica, formata da rime, musicalità e anche, perché no, sonorità pop, usate con intelligenza. Ma è impossibile capire e digerire ‘Fenomeno’ senza aver bene in mente le cose già fatte negli anni precedenti. Selezioniamo allora, album per album, un pezzo storico, di cartello, da segnalare a chi vuole avvicinarsi o semplicemente ricordare, chi e cosa è realmente Fabri Fibra.

Passiamo inizialmente dagli Uomini di Mare, primo vero tentativo di Nesli e Fibra insieme a Dj Lato. L’album ‘Sindrome di fine Millennio’ è fra i più blasonati pilastri del rap italiano, con capostipite l’immortale pezzo iconico ‘Verso altri Lidi’. Un sound che oggi è sicuramente poco potabile ma che per l’epoca e, probabilmente, per ciò che è venuto dopo, è stato, come quasi in tutta la carriera di Fibra, di ispirazione per le generazioni successive. Un brano che nella vostra mnemonica conoscenza del rap italiano, non può esimersi dall’essere cantato interamente a memoria.

Di Turbe Giovanili invece voglio selezionare il pezzo ‘Dalla A alla Z’, un brano ancora oggi fenomenale (il titolo dell’ultimo disco), quasi inspiegabile. Perché se oggi la gente si fomenta per ‘Rap God’, ‘Look at me now’ o, tornando nel nostro bel paese, per le strofe in extrabeat di Nitro, MadMan o Vegas Jones (e non c’è assolutamente nulla di male, io sono il primo!) questo testo lamenta ancora vendetta per la semplicità e la precisione con cui Fibra scrive il suo pezzo. Il titolo non è assolutamente casuale e il rapper marchigiano attraversa a passi saldi e decisi tutto l’alfabeto italiano per descrivere i problemi della società del 2002, dividendo i topic in ordine, appunto, alfabetico, facendo coesistere metrica, tecnica e coerenza del tema trattato. Fabri affermerà in seguito che questo è “il primo bel testo rap che io abbia mai scritto!

‘Mister Simpatia’ è l’album che mi mette sempre più in difficoltà. È il migliore, punto. Un album senza tempo, immortale ma soprattutto decisivo per le sorti del rap italiano. Ultimo lavoro sotto Vibra Records, nel 2004, Fibra tira fuori tutto l’odio posseduto, un tentativo alla ‘o la va o la spacca’. I testi sono crudi, duri, violenti a volte nauseabondi ma, in quel momento, Fabrizio incarna esattamente i pensieri della gente, di chi soffre, di chi fa un lavoro di merda, di chi è costretto a dire sissignore e a stare zitto. Infatti l’io lirico affrontato all’interno del disco, è un ‘io’ immaginario, costituito per lo più da immaginazione e da pensieri che da situazioni realmente accadute, anche solo marginalmente. E Fibra spacca, spacca di brutto anche soltanto buttando in copertina una sua foto in cui si è appena suicidato sparandosi in testa. Niente più egotrip, niente più autocelebrazione. Fibra è un coglione che spera di fare i soldi col rap ma sa che il suo modo di immaginare il futuro è da emerita testa di cazzo. E, da qui, nasce il rap hardcore, che, proprio in quegli anni, cominciò a trovare il vero sbocco nelle orecchie di tutti gli ascoltatori. E anche oggi, forse. Perché dopo 14 anni, Mister Simpatia è finalmente disco d’oro. Un traguardo bellissimo, incredibile, possibile anche dalla sua lunga carriera su cui Fibra ha sempre investito. Non seleziono niente, ascoltatevelo tutto.

‘Sono un soldato’ di ‘Tradimento’ è un pezzo sull’onda mistersimpatiesca. Primo album sotto major che poi non abbandonerà mai più, il brano parla di Guerra. Ma la Guerra vera, quella con la G maiuscola, e Fabri si insinua nelle case degli Italiani grazie al successo del singolo ‘Applausi’ che andrà in rotazione parecchio ovunque. Ma il disco è, come sempre, pieno di schiaffi in faccia all’ascoltatore e il tema della Guerra, in pochi, in questo paese, hanno i coglioni di affrontarlo. Fibra lo fa sempre senza mezzi termini, raccontando di come siano meno democratiche e più schiaviste le logiche della guerra in Iraq, scoppiata 5 anni prima del 2007. Non c’è una lotta per la liberazione del popolo, solo una vendetta immotivata di chi è su quel territorio, spinto da un moto di rabbia e frustrazione insito nel soldato probabilmente indottrinato da chi lo ha spedito in quelle terre. Il lato umano non c’è più, c’è una guerra violenta e spettacolarizzata, dove il soldato che muore è un eroe e se invece è un uomo qualunque non vale una cippa. Una denuncia sociale, non solo guerrafondaia, basata sulla realtà vissuta. Il solito interessantissimo leit motiv di Fabri.

‘Bugiardo’ sale invece in cattedra con una tracklist stracolma, uscito soltanto un anno dopo il suo primo album veramente di successo. Scelgo ‘Un’altra chance’, perché Fibra prende per la collottola il suo ego e ne analizza i momenti più duri e deboli, facendo capire che c’è comunque una persona dietro un artista, uno pseudonimo. Le lacrime di commozione mi scendono ancora più forti quando Fabri decide di remixare il pezzo con nientepopodimenoche Dargen D’Amico, artista da sempre in lotta contro le cose impalpabili, evanescenti ma ben presenti all’interno della vita di ogni individuo, andando a pescare forse l’unico in grado di recitare una sua strofa in questo capolavoro. Un classico senza tempo, una base incredibilmente atmosferica e le parole di Alborosie a fargli da sottofondo ‘Love is a murderer’, tatuato poi sul costato del rapper marchigiano.

‘Chi vuole essere Fabri Fibra’ è un album strano, che Fabri, solitamente, durante le interviste, dimentica sempre di menzionare. Seppur con certificazione oro, forse è l’album più sottovalutato di tutti. Vuoi per le poche tracce, vuoi per la poca convinzione del rapper, vuoi anche per la prima vera rottura fra Fibra e Nesli, non entra troppo nel cuore dei suoi fan. ‘Alla fine di tutto questo’ è un pezzo che fa il verso al classico ‘Curtain Call’, per dirlo all’americana, il solito sipario che cala. Fibra si chiede cosa potrebbe accadere se tutto questo finisse, se dovesse finire ora, domani o fra cent’anni. Ad essere analizzato è cosa succede alla persona che ha vissuto per un po’ il successo e dopo poco deve togliere baracca e burattini perché la gente non ne vuole più. Il ritmo è profondo e malinconico e sembra assomigliare ad un canto del cigno del rapper marchigiano.

‘Controcultura’ segna il ritorno di Fibra nel 2010 in maniera forte, maestosa e forse, finalmente, definitiva. Passano gli anni e il rapper è ormai consolidato nella scena e nella musica italiana. Infatti il disco porta a casa 3 platini, piazzandosi poi tra i 100 migliori dischi italiani più belli di sempre, classifica redatta da Rolling Stone Italia. In quasi tutti i brani, Fibra sferra colpi forti ai potenti, ai poteri forti, alle banche, alla mafia, alle organizzazioni governative. Ma non in tutto il testo di ‘In Alto’. Fibra è passato dal chiedersi cosa ne sarà della sua carriera, al mostrarsi ormai forte, invincibile, conscio di aver avuto talento e bravura per arrivare fin lassù. E ora, esige rispetto, vuole distanza fra lui e te perché lui è Fibra e tu ancora nessuno. Ma non è mai sfrontato, è una sorta di “capisci la spocchia, se capisci il sacrificio”, per dirla alla Marracash. Un vademecum per leggere e capire il personaggio, sempre controverso ma sempre un passo avanti a tutti. E, come solito, non mancano le critiche ai luoghi comuni di oggi, sulla musica, sul lavoro e su di lui.

Tre anni dopo Fibra viene ispirato dal cinema neorealista italiano, da Tolstoj, da Neffa e dagli scritti di Pasolini consegnando così alla musica il suo ennesimo lavoro, ‘Guerra e Pace’. ‘A me di te’, è IL pezzo per antonomasia. Il brano passa dalle pesanti accuse a Valerio Scanu (Valeria Scanner, che poi lo denuncerà e lo costringerà a pagare una multa salatissima) alla descrizione del suo rap. Ciò che scrive esiste ai fini della musica, delle sue metafore e similitudini che lascia all’ascoltatore per far passare un messaggio, rivelandosi poi poco credibili per la sua persona e per la propria etica. “Ti finisco finché sei nel mio disco, è solo un gioco ma in pochi lo capiscono”, è una di quelle frasi da imprimere a fuoco, non tanto come giustificazione, ma altresì come ideale che muove la letteratura di Fabri Fibra. Proprio per questo, il brano entra di diritto nella formazione culturale di un personaggio, che lancia sempre messaggi diretti e mai banali, ma che si rifanno ad un ‘gioco’, ad un modo di esprimersi, mai troppo digerito da chi è fuori dalla cerchia di questa logica.

Nel 2015, dopo una pasquetta carica di alcol, scopro che Fibra ha appena rilasciato il suo nuovo video e, addirittura, il suo nuovo album ‘Squallor’. Pazzesca l’idea di non annunciare nulla, se non al momento del rilascio. Niente promo, niente interviste, niente singoli. Il risultato di disco d’oro non glielo toglie comunque nessuno, ponendo Fabri all’interno di uno degli uomini più coraggiosi di sempre per la sua scelta, ovviamente musicalmente parlando. ‘A volte’ è un brano coraggioso, con cui Fibra consegna di nuovo al rap italiano Gel, l’ex membro del Truceklan, che da lì ricomincerà a scrivere. Il testo è pesante e le paranoie, le scelte, i dubbi di due artisti salgono a galla. E non si tratta solamente di musica ma, anche, e soprattutto di vita. Un riquadro di due uomini deboli in mezzo ad una società che corre veloce, carichi di ripensamenti su ciò che è avvenuto, è stato fatto, si farà.

Concludiamo quindi con ‘Fenomeno’, che, come ho detto all’inizio di questo scritto, è un po’ la somma di tutto quello che è ora Fabri Fibra. Spero che questo percorso, seppur breve, possa riuscire a tracciare un po’ le linee guida per quello che è il personaggio di uno dei pilastri del rap italiano, in un modo o nell’altro. La mia ultima scelta è ‘Ringrazio’, unita a ‘Nessun aiuto’, in cui Fibra, dopo anni passati a schivare la sua situazione familiare, riesce, grazie alla sua maturità, a parlare apertamente di ciò che è successo con sua madre e con suo fratello. Due lamenti strazianti per le due ultime tracce del suo ultimo disco (solo per ordine di tempo), messe lì, in calce, non per caso. Una maturità che, comunque, è ancora in formazione, perché Fabri, le ultime due tracce, durante i suoi live, non è mai riuscito a cantarle.

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