Quando parla “The God” Rakim tutti zitti

State assistendo alla regressione della musica rap. La morte della poetica e della cura. L’assenza di un qualunque messaggio. L’incapacità di creare cambiamenti significativi attraverso le parole e i versi ma, il peggio, è che non comprendono neanche che offendono questo nobile scopo, è tragico.

Rakim a.k.a. “The God”, “The R”, “The Microphone Fiend”è  il più geniale pioniere nell’arte dell’MCing durante gli ultimi anni della golden age dell’hip hop. Il disco d’esordio di Rakim & Eric. B del 1987 Paid in Full è considerato come il miglior disco rap della storia, quindi quando parlare è uno dei fondatori di questa musica, dovremmo tutti fermarci e prestare attenzione alle sue parole. Certo la storia insegna che c’è sempre stata una lotta tra il nuovo e il vecchio come quando il Run D.M.C. definirono in termine dispregiativo old school i Beastie Boys, e nella storia all’italiana tutto questo ce lo siamo portati dietro. Dall’eterna lotta dell’underground vs il mainstream fino ad arrivare alla più moderna del rap vs la trap.

Se da una parte la storia insegna che l’hip hop è da sempre una contaminazione di generi e che è normale che i vecchi denigrino la nuova scuola, dall’altra le parole di Rakim suonano come un monito che fa pensare sull’andamento di questa musica e cultura.

Penso a Rakim, alle sue canzoni, al suo rap fluido, colto, poetico, potente e a come insieme a Eric B. abbia portato il turntablism a livelli mai visti e me lo immagino ascoltare oggi le canzoni di XXXTantacion, dei Migos o Lil Yachty e capisco quanto le sue parole suonino vere. Non posso neanche immaginare cosa potrebbe pensare se ascoltasse i pezzi dei nostri Sfera Ebbasta o Dark Polo Gang. La verità è che davvero quel tipo di rap, quello portato in alto da artisti come Rakim, non c’è più e com’ è sparito in America, così è sparito in Italia. E’ venuto a mancare il vero spirito del rap in favore di testi che inneggiano alla droga, ai soldi, ai vestiti firmati e soprattutto è venuta a mancare la cultura hip hop.

Se oggi la maggior parte degli ascoltatori di rap in Italia non conosce le star americane e non conosce neanche i pionieri nostrani, se molti non conoscono i Sangue Misto ma neanche le prime canzoni di Fibra, come possiamo pretendere che lo spirito della cultura hip hop resti? E come possiamo pretendere che resti in Italia? Noi non abbiamo inventato questa musica, nè questa cultura, l’abbiamo importata molto tempo dopo la sua nascita e l’abbiamo arrangiata a modo nostro, ma se un pioniere dell’hip hop come Rakim vede che il rap è allo sbando in America, come possiamo stupirci che non lo sia in Italia?

Quella di Rakim è una denuncia alla nuova generazione in piena regola e con cognizione di causa, non è la solita storia del vecchio che non capisce il nuovo, è la storia di chi ha fatto la storia dell’hip hop e lo sta vedendo andare a rotoli in tutto il mondo. Noi in Italia possiamo assistere a storie su Instagram o a rime di esponenti della vecchia scuola che si esprimono sulla nuova, ma a parte Bassi Maestro, sono pochi i veri pionieri nostrani che dicono la loro opinione al riguardo. A me sembra che l’andazzo sia quello di assecondare questa nuova ondata senza esprimersi e stringere collaborazioni e featuring con i nuovi esponenti perchè conviene, perchè oggi sono loro le star e spesso non perchè si è mossi da una reale stima nei confronti degli artisti nella nuova scena. Altresì l’andazzo è sempre più frequentemente quello di adattarsi a nuovi suoni e riproporli, così artisti di 30 anni suonati si mettono a cantare come artisti di 20, prendendo da loro, non solo le melodie, ma spesso anche i contenuti, perchè in fondo è meglio seguire l’onda e salire sul cavallo vincente, piuttosto che alzare la voce e riproporre quel rap che un tempo li ha spinti a fare questo genere musicale. Andando avanti di questo passo il rap lascerà sempre più spazio alla trap che si evolverà nel pop creando di fatto la scomparsa del rap come disciplina dell’hip hop e della cultura stessa.

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